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Indagine della Camera di Commercio dell’Umbria sull’andamento occupazionale nelle imprese nell’ultimo anno e sul rimbalzo occupazionale post-Covid. La provincia di Perugia mette a segno risultati migliori rispetto a quella di Terni. I dati di tutte le regioni italiane.

La dichiarazione

Giorgio Mencaroni, Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria: “I nuovi dati del Sistema camerale, su cui la Camera di Commercio dell’Umbria ha svolto un’indagine di approfondimento, evidenziano che le imprese italiane hanno mostrato anche nel 2022, nonostante le numerose difficoltà determinate dalla riorganizzazione delle filiere mondiali e dalla guerra in Ucraina, con conseguenti maxi aumenti dell’energia e un po’ di tutte le materie prime, una grande vitalità, dando vita – dopo quello del 2021 – un nuovo forte balzo dell’occupazione che ha portato a superare, e non di poco, i livelli degli addetti pre-pandemia. Ciò non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo, perché i livelli di innovazione si sono innalzati e si stanno innalzando, aumentando la competitività delle nostre aziende come dimostrano anche i dati dell’export. L’Umbria fa parte di questo movimento di crescita con una caratteristica in più: pur dando vita a una crescita molto importante degli addetti (10mila 437 nel 2022, +11mila 262 rispetto al 2019, ultimo anno prima della pandemia da Covid-19), l’aumento percentuale dell’occupazione delle imprese è un po’ inferiore, anche se non in maniera significativa, a quella media-nazionale, a parità di aumento del Pil. Ciò non è di per sé un fatto negativo, perché l’occupazione non è solo un fatto di quantità, ma anche di qualità, nel senso che occorre che i posti di lavoro siano più solidi, più stabili e meglio retribuiti. L’Umbria, negli ultimi venti anni, ha perso molta produttività e ha quindi bisogno di recuperarla, sia a livello di sistema che a livello aziendale, se vuole aumentare la sua competitività sui mercati nazionali, europei e internazionali. La via maestra per farlo è aumentare la produttività, che rende più solidi i posti di lavoro, li rende meglio remunerati, allarga attraverso l’aumento dei profitti la capacità delle aziende di autofinanziare gli investimenti creando nuova competitività, nuove opportunità lavorativa di qualità. L’Umbria è sulla strada giusta, ma su questo fronte deve correre di più degli altri avendo, in venti anni, perso più degli altri. Non a caso, in un precedente intervento, ho tracciato le ‘sei piaghe dell’Umbria da curare’. Si tratta ora di vedere cosa accadrà nel 2023, un anno non facile e pieno di incognite, ma abbiamo dalla nostra una grande vitalità del nostro tessuto imprenditoriale e ciò non è poco. Siamo una regione con ‘lavori in corso’ e dobbiamo concentrarsi su questi per cogliere l’obiettivo principe: una regione che sia il luogo ideale dove vivere e fare impresa”.

Le imprese italiane nel 2022 hanno messo a segno un aumento degli addetti di quasi 843mila unità (per la precisione 842mila 611), con un incremento del 4,6% rispetto al 2021. Il numero degli addetti totali delle imprese attive italiane, infatti, è aumentato da 18,151 milioni di dicembre 2021 a 18,994 milioni di dicembre 2022. Tutte le regioni a fine 2022 presentano livelli occupazionali superiori a quelli pre-pandemia.

Emerge dall’indagine realizzata dall’Ufficio Stampa e Comunicazione della Camera di Commercio dell’Umbria sulla base dei dati aggiornati del Sistema camerale (l’indagine ha anche utilizzato il lavoro di sistematizzazione dei dati realizzato dalla Camera di Commercio delle Marche).

Un anno, il 2022, in cui va ricordato che il Pil italiano – nonostante gli effetti della guerra in Ucraina combinati con quelli del riassetto post-Covid delle filiere produttive e dei servizi – è cresciuto del 3,9% al netto dell’inflazione, dopo essere aumentato – sempre in termini reali – del 6,7% nel 2021.

A cosa si riferiscono i dati

L’indagine prende in considerazione i dati aggiornati degli addetti delle imprese attive iscritte nei registri camerali italiani, gestiti dalle Camere di Commercio. Ovviamente non si tratta di tutta l’occupazione (è escluso ad esempio il pubblico impiego), ma di quella – che è la gran parte di quella totale – che afferisce complessivamente al sistema delle aziende.

L’andamento occupazionale delle imprese nelle varie regioni nel 2022 (Tab. 1 e Grafico 1)

Valle d’Aosta (+10,3%), Trentino Alto Adige (+7,6%), Campania (+5,6%), Sicilia (+5,6%) e Sardegna (+5,3%) sono le cinque regioni in cui nel 2022 gli addetti delle aziende sono cresciuti percentualmente di più, mentre le cinque regioni con gli incrementi più limitati sono Basilicata (+2,3%), Marche (+3%), Veneto (+3,4%) e Liguria (+3,7%, a pari merito con il Piemonte).

Guardando all’interno delle circoscrizioni territoriali del Paese nel Nord-Est la performance occupazionale migliore delle imprese nel 2022 la evidenzia il Trentino Alto-Adige (+7,6%) e quella meno consistente il Veneto; (+3,4%); nella circoscrizione Nord-Ovest la crescita percentuale più elevata degli addetti è in Valle d’Aosta (+10,3%), seguita dalla Lombardia (+4,8%), mentre quella più bassa è in Liguria (+3,7%); Nel Centro in testa il Lazio (+5,3%) e in coda le Marche (+3%), mentre nel Mezzogiorno d’Italia la Campania (+5,6%) è in vetta e la Basilicata è in coda (+2,3%).

A livello di aumenti assoluti di addetti, invece, in testa ci sono ovviamente le regioni più grandi (Lombardia +180mila 396, Lazio +90mila 849, Campania +72mila 486, Emilia-Romagna +71mila 767, Veneto +61mila 005).

Tutte le regioni hanno superato i livelli di addetti che avevano prima del Covid. Chi ha corso di più nel post-pandemia (Tabella 2)

Se, nel primo trimestre 2022, un’indagine della Camera di Commercio dell’Umbria aveva dimostrato che c’erano ancora quattro regioni (Emilia Romagna, Marche, Toscana, Valle d’Aosta) che sui livelli occupazionali delle imprese erano ancora sotto i livelli pre-Covid, alla fine del 2022 tutte le regioni italiane non solo hanno recuperato tali livelli, ma li hanno decisamente superati (a dicembre 2022 gli addetti delle imprese italiane sono quasi 932mila in più rispetto a dicembre 2019, con un aumento del 5,2%). La corsa maggiore negli ultimi due anni l’hanno messa in mostra tutte regioni del Mezzogiorno: Sicilia (+10,3%), Campania (+10,1%), Puglia (+8%), Calabria (+7,2%) e Sardegna (+7,1%). La spinta al rimbalzo occupazionale è stata invece minore in Liguria (+2,1%), Marche (+2,5%), Piemonte (+2,5%), Veneto (+2,8%) e Toscana (+3,2%).

Focus sull’Umbria (Tabelle 1 e 2 e Grafico 1)

Nel 2022 le imprese umbre hanno accresciuto l’occupazione di 10mila 437 unità (+4,1%), passando da 255mila 875 addetti di dicembre 2021 a 266mila 312 di dicembre 2022. L’occupazione nelle aziende è aumentata di più in provincia di Perugia (+4,2%, +8mila 236 occupati) rispetto a quella di Terni (+3,7%, +2mila 201). L’andamento occupazionale umbro è inferiore, ma non si molto, a quello medio nazionale (+4,1% contro +4,6%) e questo si può anche spiegare con il fatto che il tessuto produttivo della regione, dopo aver perso molta produttività dal 2000 in poi (ma soprattutto durante la Grande Recessione scoppiata nel 2009 a seguito della crisi finanziaria internazionale esplosa nel 2008), è impegnata nel recupero della produttività, quindi dei livelli competitivi delle imprese, per cui a un aumento del Pil corrisponde, rispetto alla media italiana, un incremento un po’ minore degli addetti (con l’effetto però di migliorare, grazie all’incremento della produttività, la solidità dei posti di lavoro).

Quanto al recupero dell’occupazione nelle imprese persa durante la pandemia da Covid-19, in Umbria era già avvenuto nel 2021 e, a fine 2022, gli addetti delle imprese umbre superano di 11mila 262 unità quelli esistenti a dicembre 2019 (+4,4%). A livello di province, rispetto a dicembre 2019 quella di Perugia a dicembre 2022 presenta 8mila 846 occupati in più (+4,5%) e quella di Terni 2mila 416 nuovi addetti (+4,1%).





Ultimo aggiornamento

18-06-2024 11:06

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