262 ben portati nel 2024. Tanti sono gli anni che l’Almanacco Barbanera può vantare nell’arco della sua lunga esistenza, oltre ai tre milioni di copie stampate ogni anno. Perché di tutti i lunari, almanacchi e calendari italiani (alzi la mano chi in casa non ha un calendario), il Barbanera è ancora oggi il più diffuso e richiesto. Nel 2012 Poste Italiane, in occasione dei suoi 250 anni di vita, gli ha dedicato un francobollo. E nel 2015 l’Unesco l’ha inserito nel registro “Memoria del Mondo”, il programma che tutela i più significativi patrimoni documentari dell’umanità. Con questo inserimento l’Unesco ha riconosciuto il valore di universalità all’Almanacco Barbanera, quale simbolo di un genere letterario che ha contribuito a sviluppare e a trasmettere la cultura popolare e a creare l’identità di intere nazioni. «La Collezione di Almanacchi Lunari Barbanera, - queste le parole riportate nella motivazione a supporto del riconoscimento - costituita da 356 esemplari datati dal 1762 al 1962, è la più completa al mondo. Il suo valore è universale e deriva dal suo essere simbolo di un genere letterario che ha contribuito a creare la cultura e l’identità di intere nazioni prima dell’avvento delle più moderne forme di comunicazione di massa». Per entrare in questo mondo fatato e incredibile, fatto di consigli per la vita quotidiana, pillole di saggezza, proverbi, suggerimenti sulle fasi lunari e i periodi migliori per le semine, i trapianti e gli innesti, niente di meglio che visitare la casa di Barbanera a Spello, splendido borgo umbro adagiato alle pendici del Monte Subasio tra le chiome argentee degli ulivi.

All’interno di un complesso rurale del XVIII secolo di circa 7 ettari certificati bio e immersi in un magnifico orto giardino delle stagioni firmato dal paesaggista Peter Curzon, si trovano i locali che ospitano gli archivi della Fondazione Barbanera 1762, la sede e la redazione della storica casa editrice Campi. Nata a Foligno nel 1892, la Campi dalla prima metà del Novecento ha l’esclusività del marchio Barbanera e della sua pubblicazione. Tutto è racchiuso in un antico bachificio completamente ristrutturato. Un luogo dove si seguono i ritmi del cielo, della terra, le fasi lunari e si sperimentano ogni giorno la filosofia e le buone pratiche da sempre suggerite da Barbanera, in una quotidianità che si modula tra orti e prove di stampa, memorie del tempo, attualità e innovazione per un’esistenza a misura d’uomo.

L’Orto giardino delle Stagioni è uno scrigno prezioso di biodiversità, dove tra fontane e pergolati convivono e dialogano in armonia semi e ortaggi rari o in via d’estinzione, rose antiche, frutti dimenticati ed erbe officinali grazie al prezioso contributo dell’agronoma Isabella Dalla Ragione, della Fondazione Archeologia Arborea. La fondazione è nata con l’obiettivo di raccogliere, conservare e valorizzare la grande tradizione almanacchistica europea, che ha in Barbanera il suo più autorevole interprete. E scoprire la sua storia è aprire un vaso di Pandora e far emergere una realtà ancora poco conosciuta.

Quella di Barbanera è una storia che viene da lontano, quando Pompeo Campana nel 1762 ne stampò la prima copia. A quell’epoca a Foligno si stampavano 50/60 tipi di calendari e una copia dell’almanacco di Barbanera stampata da Campitelli nel 1768 è conservata nell’archivio della biblioteca universitaria di Dresda. A tutt’oggi gli archivi della fondazione, oltre a custodire numerosi esemplari di almanacchi, calendari e lunari, raccolgono anche tantissime altre pubblicazioni sul tema che la casa editrice Campi ha raccolto nel corso di una certosina ricerca che continua senza esaurirsi mai. Ad oggi siamo ad oltre 50mila documenti antichi di cui 13mila almanacchi, calendari e lunari da tutto il mondo. Spulciando tra i vari documenti, magari accompagnati dalle spiegazioni della responsabile della fondazione, Raffaella Sforza, si scopre una letteratura popolare che fin dal Medioevo ha accompagnato la vita delle persone.

Tutto ebbe inizio con i primi lunari, semplici fogli che venivano diffusi nelle fiere e i mercati attraverso i cantastorie e i venditori ambulanti. Questi oltrepassando i confini regionali portavano in tutta Italia un concentrato di notizie che non si è mai esaurito, ma anzi si è evoluto dopo la sua trasformazione in libretto. L’almanacco iniziò con insegnamenti di buone pratiche di ogni genere, dalla cucina all’orto, dai consigli sull’igiene alle regole di comportamento in società. Evolvendosi diede spazio ai proverbi, ai racconti, ai più truci fatti di cronaca, alle curiosità su terre e popoli lontani, e alle speranze con i numeri del lotto. E tutto questo decretò la sua più ampia diffusione.

La ricchissima collezione della fondazione comprende anche esemplari dell’almanacco che venivano stampati fuori Foligno, a Roma, Palermo, Napoli e altrove data la sua capillare diffusione in tutta Italia eccetto la Sardegna. Il materiale comprende anche numerose copie di pubblicazioni stampate negli USA ad uso degli emigranti, e poi copie di plagi, dove il saggio dalla barba nera, che sembra sia realmente vissuto a Foligno nel Settecento e che dispensava pillole di saggezza popolare, veniva sostituito da personaggi dalla barba bianca, o grigia. C’è anche una ricca collezione di libri e saggi di autori che nei loro scritti citano Barbanera. Tanto per fare qualche nome, tra gli scaffali troviamo Vasco Pratolini che cita Barbanera in un passaggio del suo “Cronaca di poveri amanti”, Gabriele D’Annunzio che definì Barbanera “Il fiore dei Tempi e la saggezza delle Nazioni”, il Belli che inserisce Barbanera nei suoi sonetti. E poi Luigi Capuana, Eugenio Montale, Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Umberto Eco, senza dimenticare Oriana Fallaci e tanti altri autori contemporanei. Mentre l’Almanacco di Barbanera proseguiva la sua diffusione, Campi che ne era diventato l’editore dopo il 1892, con l’avvento delle canzonette diede vita alla sua attività editoriale musicale stampando fogli volanti da distribuire con i testi delle canzoni.

Con l’arrivo della fotografia e poi della televisione i fogli volanti vennero sostituiti da riviste vere e proprie come il notissimo TV Sorrisi e Canzoni ideato e creato da Agostino Campi e pubblicato dalla Campi fino al 1980, senza dimenticare la stagione dei fotoromanzi popolari, immancabile presenza sui tavolini dei saloni di bellezza. Di queste attività collaterali la Fondazione Barbanera conserva numerosi esemplari, documenti e materiale illustrato. www.barbanera.it Terminata la visita alla fondazione e alle varietà antiche presenti nell’ Orto giardino non si può mancare di recarsi a Spello, cittadina famosa per le sue infiorate del Corpus Domini.


La Villa dei Mosaici e la Cappella Baglioni, capolavoro del Pinturicchio, sono due tappe fondamentali. Ma anche la Chiesa di Sant’Andrea, con la sua Madonna in trono e Santi, sempre del Pinturicchio, e il crocifisso che gli ultimi studi attribuiscono a Giotto o alla sua scuola.


A pochi passi c’è Foligno, con l’interessante Museo della Stampa che presenta quella che per secoli è stata una realtà importante per la città umbra, l’editoria. Dai torchi di Foligno, che poteva contare sulle numerose cartiere di Pale e l’acqua del fiume Menotre, nel 1470 uscì il De Bello Italico Adversus Gothos di Leonardo Bruni, l’anno dopo le Epistolae ad familiares di Cicerone e il 14 aprile del 1472 la prima copia della Divina Commedia.

Diverse sale illustrano questa interessante storia e presentano libri originali dell’epoca, tra cui vite di santi e trattati, in particolare sulla peste, molto diffusa all’epoca. Una sala è dedicata ai calendari, ai lunari e agli almanacchi, fonti di saggezza popolare che non mancavano mai in casa e conserva alcuni esemplari del Barbanera, a conferma di quanto fosse diffusa la conoscenza dell’almanacco del saggio dispensatore di molteplici informazioni. Una visita la merita anche il Museo della Città, ospitato nell’ex palazzo dei Trinci, importante famiglia cittadina che ebbe la sua epoca d’oro nel Quattrocento, quando commissionò a Gentile da Fabriano i magnifici cicli di affreschi del piano nobile che lasciano senza fiato. Passeggiando nel centro cittadino si giunge all’ex-chiesa della SS. Trinità dell’Annunziata dove è conservata la Calamita Cosmica di Gino De Dominicis. La scultura, detta anche “Scheletrone” o “24 metri di forme d’oro”, dalla intenzione originaria dell’artista di ricoprirla interamente d’oro, vuole indicare il rapporto che gli esseri umani intrattengono da sempre con lo spazio e l’infinito.

Chiudiamo il cerchio con la visita all’azienda vinicola biologica di Emma di Filippo, (www.vinidifilippo.com) tra le prime ad aver creduto e scommesso sull’agricoltura biologica. Adagiati sulle colline di fronte ad Assisi, e dai cui si ha una splendida vista sulla città del Santo Patrono d’Italia, i 35 ettari dell’azienda che ha fatto di sostenibilità e biodiversità le sue parole d’ordine sono coltivati a grechetto, sagrantino, montepulciano, trebbiano spoletino, sangiovese, merlot. Non manca il cornetta, un vitigno autoctono con il quale si produce la Vernaccia di Cannara, immancabile sulla tavola di Pasqua insieme con la pizza al formaggio. Una visita alla cantina può comprendere anche una passeggiata in calesse tra i vigneti dove le oche scorrazzano libere e si alimentano dell’erba che cresce spontanea tra i filari, contribuendo così a non inquinare l’ambiente e a produrre compost utilizzato al posto del concime chimico. Al rientro si passa nella sala degustazione dove la vasta scelta tra circa 20 etichette viene accompagnata da salumi e bruschette a base di patè d’oca. Un’ottima occasione per terminare la nostra visita a questo scampolo d’Umbria e brindare al nuovo anno e all’Almanacco Barbanera 2024.


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