Camminare in Italia: sulle orme di San Francesco di Assisi
di Liz Boulter
Articolo Vincitore 2020
Seguiamo un percorso tra le verdi colline umbre tracciato 800 anni fa dal “primo ambientalista”, però scambiamo preghiere e povertà con morbidi cuscini e pasta fatta in casa.
Pace, amore universale, rispetto per la natura… Francesco d’Assisi, il “primo ambientalista”, è quel tipo di santo i cui insegnamenti non potrebbero essere rigettati neanche dai laicisti più convinti. Anche la sua celebrazione della semplicità e il rigetto delle possessioni materiali sono in armonia con l’odierno disprezzo per il consumismo sconsiderato.
Quasi 800 anni dopo la morte di Francesco, mio marito ed io (entrambi laicisti convinti) stiamo seguendo (in una certa misura) le sue orme tramite un percorso attraverso gli Appennini occidentali rinnovato e pubblicizzato dall’ufficio turistico dell’Umbria: la Via di Francesco, un percorso di 550 km da Firenze a Roma che segue i percorsi utilizzati
Percorriamo 110 km di camminata in sei giorni, a partire dall’antica cittadina collinare di Assisi fino a Piediluco, vicino al confine con il Lazio. In passato abbiamo fatto altre vacanze del genere in cui i nostri bagagli venivano magicamente spostati ogni giorno che passava, ma ciò non sarebbe stato conciliabile con una delle preoccupazioni che Francesco avrebbe condiviso al giorno d’oggi: le emissioni di CO2. Siamo venuti ad Assisi con il treno, sarebbe stato assurdo ingaggiare una persona che si facesse la strada tutti i giorni con la macchina per portare i nostri bagagli. Inoltre, preferisco un approccio al trekking più masochisticamente “autentico”, per cui, prima di ogni partenza mi disfo di tutto ciò che non mi serve. Nonostante non abbia in mente un’imitazione di Marie Kondo, quanto più la salute della mia schiena.
Francesco aveva solo una tunica, un bastone e una corda. Noi invece abbiamo un zainetto a testa un po’ meno sacro: pantaloncini e magliette di ricambio, quantitativo essenziale di oggetti per l’igiene personale, crema solare, telefoni per il GPS e per i podcast e la guida di Sandy Brown “The Way of St Francis” (Cicerone, £16,95). Il santo donò tutte le sue cose ai poveri, ma noi invece lasciamo i nostri altri effetti personali in hotel. La cosa più pesante che portiamo con noi sono le bottiglie d’acqua, che ovviamente diventano più leggere man mano che prosegue la giornata.
L’Umbria, però, con il suo terreno scosceso e le sue cittadine di collina medievali, offre alcuni dei percorsi più belli in Italia e non vediamo l’ora di attraversare silenziosi sentieri, foreste antiche, corsi d’acqua cristallini e di ammirare viste mozzafiato.
Francesco nacque come Giovanni Bernardone nel 1182, è stato rinominato Francesco (Francesino) dal suo ricco padre mercante, poiché sua madre veniva dalla Provenza. Egli viveva una vita d’alto borgo senza preoccupazioni, finché intorno ai vent’anni non ebbe una visione che lo portò a scegliere una vita di preghiera e povertà. Volle rifugiarsi ad Assisi per meditare e predicare nelle montagne, e guadagnò un tale seguito che nel 1209 fu convocato dal papa per fornire delle spiegazioni. La strada intrapresa da lui e i suoi seguaci verso Roma è la base della Via di Francesco.
Se Francesco considerava l’Assisi del XIII secolo una distrazione dalla vita spirituale, rimarrebbe scioccato a vederla oggi: le sue tranquille stradine colme di negozi di souvenir e invase da gruppi di turisti. Ciononostante, iniziando il nostro percorso il giorno seguente a prima mattinata, la pace viene interrotta solamente da suoni che avrebbe sentito lui stesso otto secoli fa: uccellini, cicale e il lieve canto delle suore.
Il libro di Brown divide il percorso in tappe da 20 km e per il nostro primo giorno dobbiamo scegliere se percorrere la via “facile” o quella “difficile”: quest’ultima è lunga 4 km e comporta una salita di circa 1.000 metri. Sentendoci di iniziare il nostro viaggio percorrendo la via della virtù, con il rischio di cadere nella scarpata più avanti, ci avviamo lungo sentieri ripidi, seguendo le indicazioni blu e gialle fino all’Eremo delle Carceri, in una foresta immersa in una gola sulle pendici del Monte Subasio, dove il santo veniva per cercare bellezza e solitudine. Ci sono alcuni visitatori (sono venuti con dei minibus, ha!), ma i piccoli edifici monastici e la cappella utilizzata da Francesco conservano comunque quell’atmosfera pacifica.
Scendere nel tardo pomeriggio per scivolosi percorsi sterrati per giungere alla cittadina collinare pre-romana di Spello è difficile quasi quanto la salita. Francesco avrebbe offerto la sua sofferenza, io invece posso giusto offrire qualche empia imprecazione.
Non tutte le giornate sono altrettanto estenuanti, ma mentre percorriamo il lato occidentale degli Appennini scendiamo nelle valli per poi risalire i crinali e goderci i panorami mozzafiato nella parte occidentale dall’ampia Valle Umbra. Ogni giorno ci fermiamo verso mezzogiorno per uno spuntino (e un riposino per qualcuno) in un oliveto, uno spiazzo all’interno di una foresta o un campo pieno di fiori.
Ho frequentato una scuola gestita da suore e condivido la visione di Dave Allen delle suore come “Gestapo travestite”, ma le quattro monache che vivono all’Eremo delle Allodole, al quale siamo arrivati tramite un percorso ripido a sud di Trevi, non sono assolutamente in questo modo. Con il suo semplice vestito blu, Sorella Lucia, sulla trentina d’anni, la quale ci ha aperto la porta quando abbiamo suonato al campanello medievale, ci sorride e ci chiede delle nostre vite a Londra con interesse e senza giudicare.
Questo è un antico sito cristiano, fondato dai missionari provenienti dalla Siria, i quali dimoravano nelle grotte qui intorno durante il V secolo, così come ha fatto Francesco in seguito. Le grotte, situate nell’area sottostante alla cappella, ci sembrano piuttosto scomode, ma con la loro temperatura di 15C per tutte le stagioni sarebbero state un rifugio perfetto da inverni gelidi ed estati torride.
Mentre Lucia parla, una farfalla le si poggia sul braccio e rimane lì come se la stesse ascoltando e con la fantasia penso a Francesco, che parlava con gli animali. Mentre ce ne andiamo per proseguire lungo la valle, mi accorgo che il canto degli uccelli qui è particolarmente forte…
Tuttavia, scambiamo i pensieri edificanti con le preoccupazioni terrene di ogni sera. Nonostante lungo la via siano presenti ostelli per pellegrini e casette bucoliche, abbiamo prenotato in hotel: per docce calde, un letto comodo e per aver un posto dove lavare i nostri calzini. E mentre i seguaci di Francesco vivevano con l’elemosina per gli avanzi di cibo, noi sfruttiamo la scusa dell’alto consumo calorico per riempirci la pancia di deliziose pietanze umbre.
La piccola Osteria de Dadà a Spello serve del cibo che potrebbe essere familiare per Francesco: la tradizionale torta al testo fatta con strutto, farina e acqua, servita calda; zuppa di ceci; ravioli di farro. Il miglior cibo che abbiamo assaggiato durante il nostro viaggio, però, è stato all’Antica Dimora Alla Rocca a Trevi, dove abbiamo gustato una tartina con pera e pecorino, condita con pepe, miele e nocciole come antipasto, seguita da tortellini alla panna. Un gran quantitativo di calorie, ma ehi, domani ci aspettano dei percorsi tortuosi.
Quando si viaggia leggeri, ogni oggetto nel proprio zaino si trova lì perché di vitale importanza e perdere qualunque cosa è un duro colpo. Durante una serata ventosa un calzino appartenente al mio unico paio di calzini da camminata è stato spazzato via dallo stendino dove li avevo messi ad asciugare, così comincio una ricerca disperata finché non lo ritrovo dall’altra parte della piazza. Il giorno seguente mi rendo conto, uscendo dalla doccia, con i capelli gocciolanti, di aver dimenticato la mia spazzola da qualche parte. Ci vogliono ancora due giorni prima di arrivare in un paese abbastanza grande dove possa trovare un negozio dove comprare una spazzola, ma in tempi avversi è incredibile cosa si riesca a fare con uno spazzolino.
C’è qualcosa di incredibilmente soddisfacente in un viaggio lungo: il senso di progresso continuo, i cambiamenti di paesaggio, una cittadina o un paesino diverso ogni sera. La marcia ritmica dei nostri piedi diventa contemplativa, ed essendo solo noi due immersi nel paesaggio, per me e mio marito è un’esperienza che rafforza il nostro legame. Apprezziamo i nostri punti di forza reciproci: io sono più veloce in salita, lui è più sicuro in discesa e ha un miglior senso dell’orientamento. Inoltre, ci incoraggiamo a vicenda quando la camminata si fa difficile, come quando abbiamo raggiunto Poreta dopo una lunga giornata di sali-scendi e io mi lascio andare a un’ondata di imprecazioni peccaminose appena scopriamo che il nostro hotel è su una rupe ad un ulteriore chilometro di distanza dal paese.
Come con il Camino de Santiago, questo percorso viene effettuato sia da persone religiose che non. Nelle colline sopra Ceselli abbiamo incontrato un gruppo di persone che stava davvero trasportando una croce, con un monaco beatamente sorridente tra di loro, mentre io guardo più da vicino una lettera firmata da Francesco nel Duomo di Spoleto, ma in generale ci teniamo a distanza dalla religione.
In parte perché ci sono molte più cose da vedere: i meravigliosi panorami di quando abbiamo attraversato il crinale al di sopra della scoscesa Valnerina, la magnificenza della Cascata delle Marmore vicino Terni, la montana bellezza del Lago di Piediluco. Piuttosto che ammirare semplicemente le colline piene di alberi del “cuore verde” d’Italia, impieghiamo diverse ore camminandovi attraverso, lasciando che le loro glorie naturali colmino i nostri sensi.
Ed effettivamente era questo il significato del messaggio di San Francesco.