Spina riparte dal suo castello
di Pierfrancesco Carcassi
Il 15 dicembre 2018 – esattamente 9 anni dopo il sisma del 2009 - è il giorno della riconsegna del castello di Spina. Alla presenza della presidentessa della Regione, Catiuscia Marini, e del sindaco di Marsciano, Alfio Todini, la gabbia di impalcature, gru e ponteggi si è aperta attorno al cuore del borgo, frazione di Marsciano, rivelando il primo gruppo di case rimesso a nuovo dopo i danni del terremoto. Sono trascorsi 24 mesi dall’inizio dei lavori e sui terrazzi ricostruiti com’erano nell’Ottocento fanno la loro comparsa i vasi con i fiori: segnale che nelle ultime settimane le persone hanno ricominciato a vivere nelle loro abitazioni. L’ultima volta che lì dentro avevano preparato un caffè era quasi un decennio fa.
Da lì a poco, un terremoto passato in sordina sui media ma devastante per gli abitanti aveva costretto ad andarsene circa 590 di loro, fra comune e frazioni. Qualcuno pensava che un giorno come questo non sarebbe mai arrivato. «Quando sono entrato in casa, mi è sembrato di tornare giovane», esclama sorridente Mario Fabi, 76 anni. È stato lui il primo a rimettere piede nel suo appartamento dove, assieme alla moglie Franca, ha trascorso 53 anni di vita coniugale. «È stata una festa – gli fa eco lei – ci mancava molto, per fortuna ci siamo arrivati vivi!».
Finora sono una decina i proprietari rientrati nel castello, diviso in appartamenti. Molti altri, circa ottanta proprietari di prime e seconde case, aspettano: le altre parti – in gergo tecnico “Umi”, Unità minime di intervento, in cui i lavori dei 42 edifici sono frazionati – verranno completate entro il 2019. Due Unità (la 4 e la 1) sono finite al 60%; la numero 3, invece, è ferma al 40%. Dietro ai ritardi, oltre ai vincoli della soprintendenza, c’è la burocrazia: ogni unità ha iniziato i lavori indipendentemente dalle altre, solo dopo aver concluso un progetto generale in accordo con i diversi proprietari.
Questi spesso vivevano altrove ed erano irreperibili, causando il blocco degli interventi di tutti gli altri, anche di chi tra le mura di quel castello custodiva tutta la propria vita. I lavori, finanziati con circa 8,7 milioni di euro, dovrebbero essere finiti entro il termine di 36 mesi. Altri nodi rimangono in via di risoluzione: nel 2012 sono stati sistemati i 64 edifici della “ricostruzione leggera” – i meno danneggiati – per un importo di 7,8 milioni; ancora da fare 15 edifici dei 98 della “ricostruzione pesante” (costo 23,7 milioni), comprendente le case più danneggiate e le attività produttive.
A giugno 2019 finirà il secondo mandato del sindaco Alfio Todini, che veste la fascia tricolore di Marsciano dal 2009. «Ci sono voluti tre anni per trovare i fondi per i lavori, dopo la messa in sicurezza nel dicembre del 2009 – afferma – ora che la ricostruzione leggera è completata e quella pesante si avvicina alla fine, vorrei lasciare il Comune con tutte le risorse allocate e i lavori avviati». Intanto, a passarsela peggio sono quelli che la casa non l’hanno persa. Una quarantina di abitazioni parzialmente agibili sono escluse da ogni piano di aiuto: le famiglie che in alcuni casi ci abitano si alzano la mattina sapendo che una nuova scossa le potrebbe far cedere.
A una ventina di loro andò meglio, paradossalmente, con le scosse del 2016: le case divennero totalmente inagibili, garantendo a chi ci abitava un contributo proveniente dai fondi stanziati per quell’evento. Gli altri, invece, rimangono a bocca asciutta. “Un inghippo”, come l’ha definito il sindaco, ancora lungi dall’essere risolto e che rischia di rimanere “un vicolo cieco”, come ha confermato la governatrice Marini. Intanto, la vita economica del borgo inizia a ripartire. Tre anni fa è stata aperta la piscina comunale e ora si avviano i percorsi verdi lungo la valle del Tevere, per rilanciare il turismo.
Nella stessa direzione va il progetto di spingere chi possiede seconde case nel castello ad affittarle sulla piattaforma per alloggi turistici Airbnb, per compensare le spese di ricostruzione. Ma non tutto si avvia a tornare alla normalità. Il supermercato è ancora in un container. E poi la modernizzazione spiazza gli anziani ritornati: l’unico sportello bancario sta per chiudere e lascerà il posto a un moderno sistema automatizzato. Una rivoluzione per chi dieci anni fa depositava e ritirava i risparmi dal cassiere. A una certa età troppi cambiamenti affaticano.
... Ma per il cimitero mancano i fondi Lo stesso giorno in cui tutti gli spinaioli lasciarono le loro case da vivi, anche i loro compaesani defunti furono costretti a lasciare le proprie. Un gioco del destino macabro e surreale: il sisma danneggiò loculi e cappelle funerarie nel cimitero del paese, lasciando in vista lo scempio delle tombe squassate e delle bare esposte. Oggi non è più così, ma rimangono ben visibili i segni del terremoto: riposano qui i cari di molti abitanti del borgo, trincerati tra i puntelli e le transenne messi nel 2009 per sostenere le strutture più deboli. Con loro sono sepolti almeno una decina di anziani che, dopo essere stati evacuati con il sisma, non hanno fatto in tempo a rivedere la loro casa ricostruita. La chiesetta interna, dove si benedivano le salme prima della sepoltura, è sbarrata e transennata da allora. Chi può ha sistemato le tombe dei familiari a spese proprie, altri aspettano l’intervento del Comune. «E’ un problema di soldi – spiega il Primo cittadino, Alfio Todini – Assieme al Piano di ricostruzione erano stati stanziati 500mila euro per opere pubbliche come infrastrutture, utenze e fognature, ma non sono sufficienti per coprire anche il costo del cimitero che calcoliamo ammonti a circa 300-400mila euro. Stiamo cercando le risorse proprio in queste settimane e speriamo di trovarle dalla gestione dei fondi del sisma».