Alla Villa dei Mosaici di Spello: una mescita di vino di duemila anni fa
di Sara Stangoni
“Tre coppe di vino non di più stabilisco per i bevitori assennati. La prima per la salute di chi beve; la seconda risveglia l’amore ed il piacere; la terza invita al sonno". Questo raccomandava ai bevitori Dioniso, Dio del vino, nel vademecum del commediografo ateniese Eubulo. Con la stessa cura vediamo mescere il vino nella scena della Villa dei Mosaici di Spello. Scoperta casualmente nel 2005, oggi è un museo moderno e multimediale, in dialogo armonico con la storia e il paesaggio.
Con quasi 500 metri quadrati recuperati, questa Villa romana del II secolo d.C. è una delle scoperte archeologiche più straordinarie dell’Umbria. Dieci ambienti dai pavimenti a mosaico di grande bellezza. Come lo “zoo di pietra”, animato da uccelli, bestie selvagge e creature fantastiche, tra cui spicca il mostro marino che dispiega la sua lunga coda di serpente. A troneggiare invece, nella stanza principale, due figure maschili impegnate nella mescita del vino. Siamo nel triclinio, la sala da pranzo dove si tenevano banchetti con gli ospiti di riguardo. Aperto sul giardino interno della casa, era rigorosamente lussuoso e spesso decorato con affreschi alle pareti ed eleganti mosaici ai pavimenti.
Così doveva essere il triclinio nella Villa di Spello, probabilmente di proprietà di un viticoltore, come sembra provare la scena centrale tutta dedicata al vino. Un servitore sorregge sulle spalle un’anfora dalla quale versa il vino in una coppa, tenuta in mano da un coppiere. E il vino traboccante è raccolto in un cratere, perché non vada perduto. Certo per i Romani il vino era una bevanda più vicina al nostro “vin brulé” che al prodotto della vite che noi oggi apprezziamo. E siccome preferivano gustarlo con l’aggiunta di spezie, acqua e miele, chissà se il nostro di palato oggi lo apprezzerebbe?
Nel territorio di Spello questo prezioso nettare scorre oggi come ieri, seppur diversamente declinato. Siamo in zona DOC Assisi, lungo la Strada dei Vini del Cantico. Le pietre raccontano di antiche storie e di produttori, custodi silenti di tempi e luoghi in cui maturano eccellenti vitigni, come il Grechetto, il Sangiovese e il Trebbiano. Un territorio vocato alla produzione vinicola già dagli Etruschi e che, con la colonizzazione dei Romani, diventò una delle attività commerciali più fiorenti. E a noi piace immaginarci con gli ospiti di allora, sdraiati sui triclini della Villa romana di Spello, a gustare quel vino che qui faceva da padrone.
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