Acqua, un "dono di natura" per l'Umbria
di Marilena Badolato
INODORE, incolore, insapore, pura liquidità senza forma, si dice. Mai così tanti aggettivi invece a descriverne forma, colore, sapore: azzurra, chiara, cristallina, di un profondo blu o verde intenso, limpida e zampillante o torbida e ferma, pesante o leggera, liscia o gassata, fresca o calda, dolce, salata, salmastra. Se solida la chiamiamo ghiaccio, se vaporosa, vapore acqueo, persino superionica, e meteorica, sotterranea, superficiale. Esiste in così tante forme in natura da non essere paragonabile o confrontabile con quelle di altro materiale. Come fiume, mare, pioggia, neve, ghiaccio, nebbia, l'acqua è espressione della creazione infinita che nel suo incessante mutare rimane sempre sè stessa. Acqua, genere femminile, genitrice di vita espressa attraverso gli attributi di accoglienza e ricettività. Flessibile, si muove secondo le impressioni che riceve e prende la forma che la contiene, docile si sottomette a qualunque condizione adattandosi alle circostanze. Il suo stato liquido la rende libera da qualsiasi vincolo e le dà la capacità di trasformarsi sempre, riempiendo gli spazi e colmando i vuoti. Assimila, interiorizza, ammorbidisce, mescola, inibisce, omogeneizza, riempie e risolve. E’ purificante e terapeutica. E’ tutto e il contrario di tutto, confine e limite, spazio aperto e infinito. L’ acqua non è mai una cosa sola: / è fiume, è mare, è lago, stagno e quant’altro […] / è dolce, salata, salmastra, /è luogo presso cui ci si ferma e su cui si viaggia / è piacere e paura, nemica e amica / è confine e infinito / è cambiamento e immutabilità / è ricordo e oblio / principio e fine. (Eraclito di Efeso, IV-V secolo a. C). Elemento che riesce a mettere in comunicazione spirito e materia, incorporeo e forma. E fa sì che fiumi, laghi, sorgenti siano stati considerati nella storia luoghi teofanici, manifestazioni del divino. Si piega a essere contenuta, ma a sua volta piega con potenza iconoclasta. Rigenerante o distruttrice, riassume in sé le stesse ambiguità del sacro: l'indistinzione, la violenza, ma anche la salvezza e la purificazione, ciò che distrugge e poi invece ricopre. L’acqua, in questo senso, è la “totalità delle virtualità” (Mircea Eliade, 1907-1986). E, aggirando gli ostacoli che incontra, dalla sorgente in cui nasce giunge sino al mare in un continuo processo di trasformazione che è la sua vera forza. E vince sempre lei.
“NON c’è vita senza acqua. L’acqua è un bene prezioso e indispensabile per tutte le attività umane. Le disponibilità di acque dolci non sono inesauribili. E ’indispensabile quindi preservarle, conservarle e, se possibile, accrescerle […]” (Carta Europea dell’Acqua-Consiglio d’Europa, maggio 1968). Acqua, tra i principali costituenti degli ecosistemi e alla base di tutte le forme di vita conosciute, compreso l’essere umano. Acqua, patrimonio da salvare, dono di natura per l'Umbria, surrogato di quel mare che non c'è. Acqua come scelta storica di insediamento umano: gli Umbri e gli Etruschi divisi per il controllo del Tevere, popoli diversi per lingua, usi e tradizioni. Acqua di sorgente, chè alla sorgente si andava ad attingere acqua e vicino ad essa nascevano i primi agglomerati, si costruivano strade, si organizzavano attività, attorno ad essa si creava l'architettura dell'acqua, gli acquedotti e i pozzi etruschi, impianti idrici come veri e propri labirinti. Acqua per il corpo e per lo spirito, acqua che nutre, disseta e santifica, per iniziare una nuova vita puliti e mondi. Acqua, la quale è “multo utile et humile et pretiosa et casta”, quella del “Cantico” di Francesco, che così tanta acqua aveva Assisi e persino nel nome: dall'antico umbro asa, torrente. E così nel Medioevo le famiglie nobili della città, in guerra tra loro, si chiamavano e ancora oggi portano i cognomi di Fiumi e Nepi. E di tanta acqua, un lacus umber, parlava già Sesto Aurelio Properzio, cittadino illustre di origini umbre “proxima supposito contingens Umbria campo/ me genuit, terris fertilis uberibus” citando una terra fertilissima. E nelle Elegie: “Umbria te antiqua Penatibus edit/ (mentior? an patriae tangitur ora tuae?) / qua nebulosa cavo rorat Mevania campo/ et lacus aestivis intepet Umber aquis / scandentisque Asis consurgit vertice murus/ murus ab ingenio notior ille tuo.” “L’Umbria antica ti diede alla luce da famiglia di ragguardevole condizione (sbaglio? o si tocca la contrada della tua patria?), dove la nebbiosa Bevagna, stilla rugiada nella pianura avvallata e il lago Umbro intiepidisce le sue acque in estate e il muro di Assisi che si inerpica a ripiani, s’innalza sul monte, quel muro più rinomato ad opera del tuo ingegno”. Acqua anche nel magico fiume Clitunno un tempo grandissimo e navigabile, alle sue fonti luogo di sacri vaticini e dove portare a sbianchire i buoi per il sacrificio. Acqua nella fantastica Cascata delle Marmore che sembra abbia persino affascinato Leonardo. Acqua nel nostro beneamato lago Trasimeno, luogo prezioso di viti, ulivi, cereali, legumi sin dall’antichità etrusca, e ricco di miti e storie da raccontare, di pizzi e trine, di ottimo pescato di giovani pescatori, di spiagge attrezzate, di castelli e isole magiche situate a povento. Acqua per quel tanto verde che arriva sin dentro la nostra città, giardini e antichi orti urbani racchiusi dentro una duplice cerchia di Mura, acqua per noi perugini, per dissetarci alle tante fontane. Acqua, elemento primordiale, ora osannata ora osteggiata e ritenuta persino dannosa per la salute e fino agli ultimi decenni del XVII secolo considerata realtà unica e indivisibile, poi invece studiata a fondo come composto di idrogeno e ossigeno. E oggi addirittura “superionica”, cioè solida e liquida allo stesso tempo: a vent'anni dalla previsione teorica, è comprovata l'esistenza di una fase dell'acqua che si forma in condizioni di temperatura e di pressione estreme (come quelle presenti all'interno dei pianeti Urano e Nettuno), dove gli ioni ossigeno si "bloccano" in un reticolo cristallino (come in un metallo solido) mentre gli ioni idrogeno possono muoversi gli uni rispetto agli altri (come in un liquido). (in: Nature Physics, “Experimental evidence for superionic water ice using shock compression”, di Marius Millot, Sebastien Hamel, J. Ryan Rygg, Peter M. Celliers, Gilbert W. Collins, Federica Coppari, Dayne E. Fratanduono, Raymond Jeanloz, Damian C. Swift e Jon H. Eggert del Lawrence Livermore National Laboratory, in collaborazione con l'Università della California a Berkeley e quella di Rochester).
ACQUA VIRTUALE è l’acqua di cui necessita tutta la produzione alimentare, dalle colture agli allevamenti, per completare il suo ciclo. Di questa acqua virtuale per un pomodoro (70 g) ne servono 15 litri, per una patata (100 g) 25, per un'arancia 50 litri, 70 per una mela, fino a 1500 litri per un chilogrammo di grano, ma per un hamburger (150 g) ben 2400 litri, e addirittura 15000 litri per un chilogrammo di manzo. Per la nostra beneamata tazzina di caffè occorrono 140 litri di acqua, necessaria a coltivare, produrre, imballare, spedire i chicchi e preparare il nostro caffè mattutino. Dovremmo allora produrre e consumare cibi con una impronta idrica minore. Acqua virtuale, potente concetto che mette in luce i tanti fattori nascosti del nostro reale consumo globale di acqua. Il mondo ha sete perché abbiamo troppa fame. La riduzione della disponibilità di acqua è dovuta quindi ai nostri comportamenti alimentari, ma anche all'inquinamento, ai cambiamenti climatici, alla scarsa cura della governance dell'acqua stessa. I modelli più vicini agli obiettivi di sostenibilità ambientale sono quelli dell'agricoltura biologica e biodinamica che mantengono la fertilità del suolo e aumentano la biodiversità della flora e della fauna, quindi del paesaggio. I prodotti biologici sono migliori non solo per il gusto legato alle migliori qualità organolettiche, ma anche per l'assenza di pesticidi che inquinano le acque e per la elevata produttività rapportata ai minori consumi di energia. Con lo scopo del mantenimento delle risorse ambientali, la fertilità del suolo e la biodiversità, per salvaguardare un equilibrio all'interno dello stesso agroecosistema. La Green Economy, il modello ideale di agricoltura verde, dovrebbe essere pensata verde sin dall'origine, e non perseguita apportando minimi ritocchi superficiali (greenwashing). Solo attuando importanti cambiamenti di scienza agricola e scelta politica, l'agricoltura e gli interi sistemi alimentari potranno divenire sostenibili e multifunzionali a lungo termine. Per il nostro bene. Di tutti.
MA “water is tought by thirst”-l’acqua l’insegna la sete- scrive la poetessa Emily Dickinson. Il concetto stesso dell’acqua nasce dal suo bisogno, urgente, primordiale. Acqua da bere e da mangiare. Come liquido di manipolazione della materia solida, e insieme a creare una nuova realtà. La prima utilizzazione dell’“acqua da mangiare” sarà stata sicuramente quella utile a intridere sfarinati per ottenere impasti più o meno densi. “Intridere è propriamente- scrive la Crusca- stemperare o ridurre in paniccia con acqua o altra cosa liquida, checchessia, come crusca e farina”. Ed è verbo sinonimo di imbrattare, insudiciare, proprio perché la cosa così stemperata suole più o meno sporcare. Si pensi anche al verbo maccare, cioè l’intridere con le nocche delle mani (ammaccandole) focacce e impasti primitivi. Di una vera e propria pratica culinaria si può cominciare a parlare con l’arrivo del Neolitico. Ma da recenti studi, già nel Paleolitico superiore Homo sapiens non limitava la sua alimentazione ai soli derivati della caccia, ma aggiungeva importanti fonti energetiche vegetali che comunque manipolava. Lo attestano alcuni ritrovamenti presso il lago di Bilancino nel Mugello: strumenti litici rappresentanti una macina e un pestello con tracce di amido di tifa, una pianta palustre comune usata per farina e per fibra tessile. E ancora a El Sidròn, nelle Asturie, sulla placca dentaria di cinque Neanderthal sono stati trovati infinitesimali granuli di azulene, principio attivo della camomilla (la prima tisana della storia!) e di cumarine sicuramente a uso terapeutico-calmante e ancora tracce di noci, verdure crude e vegetali arrostiti sul fuoco. Quindi la dieta diversificata è molto più antica di quello che si pensava. Le risorse vegetali nel Paleolitico attestano che l’uomo macinava, frantumava vegetali per trarne nutrimento già 30 mila anni fa. Più tardi da un’economia di raccolta si approderà, con la scoperta dell’agricoltura e attraverso l’addomesticamento degli animali, a un’economia di produzione del cibo basata su una forma di vita stanziale e si inizierà a selezionare in modo consapevole piante e animali. E soprattutto l’uso del fuoco sarà sempre più frequente. Non si conoscerà ancora il pane, ma comunque si prepareranno semplici polente di semi rozzamente frantumati e cotti in acqua riscaldata su pietre roventi. Successivamente un vero e proprio impasto con acqua e cereali o leguminose si adagerà sulle stesse pietre calde oppure sotto la cenere, ottenendo delle primitive “focacce”, una splendida riserva alimentare. L’avvento della terracotta consentirà poi la costruzione dei primi contenitori chiusi e da quel momento imparare a cuocere o bollire gli alimenti nell’acqua diventerà quasi immediato. Le prime “zuppe” della storia (dal gotico suppa, pane inzuppato), sono molto simili a quelle attuali, a base di cereali, carni, radici, legumi e insaporite con erbe profumate. Così la cucina, come fonte di storia dell’alimentarsi e dove da sempre curiamo nutrizione e anche benessere, è il luogo giusto da cui partire per parlare d’acqua. E nasce la necessità di capire come sfruttare al meglio le sue qualità scegliendo semplicemente gli usi ideali a seconda delle sue proprietà.
L’ACQUA MINERALE, ma chi l’ha detto che è insapore? Il gusto dell’acqua si avvale di una analisi sensoriale attraverso le percezioni visiva, olfattiva, gustativa. Analisi visiva: la sua brillantezza, la trasparenza massima che può raggiungere un colore adamantino e invece la sua torbidità. Poichè un gran numero delle determinazioni quantitative che si effettuano per l’analisi delle acque sono basate su metodi colorimetrici, lo spettrofotometro è una delle apparecchiature più comuni in un laboratorio di analisi delle acque. La storia ci consegna ingegnosi strumenti: uno è il fotometro di Pulfrich e l’altro di Leitz, entrambi fabbricati in Germania ai primi dl ‘900, e ancora avanti il più famoso e sofisticato spettrofotometro di Beckman, per arrivare sino ad oggi in cui sono disponibili raffinate strumentazione elettroniche. La torbidità dell’acqua può essere temporanea, per particelle che sedimentano spontaneamente, o permanente, per particelle che restano in sospensione, e infine falsa se dovuta alla pressione. Può essere causata dall’ anidride carbonica, dall’argilla, dal sedimento, da particelle colloidali, microorganismi, ecc. Il perlage sono le bollicine, quelle piccole perline che troviamo in un’acqua addizionata di gas, che non sono tutte uguali, né per numero, né per dimensione, né per persistenza. E sarà leggero, medio, elevato, e ancora grossolano e invece fine se le bollicine saranno finissimi corpuscoli simili a pulviscolo luminoso e persistente. Analisi olfattiva: basata su note appena percettibili, come tracce minerali, componenti gassose di carbonatazione naturale, odori metallici o sulfurei. Talvolta si può riscontrare odore d’acido solfidrico in acque non sulfuree contaminate dalla putrefazione di sostanze organiche presenti. Analisi gustativa: il sapore si distingue in amaro, salino, acido, dolciastro. Può variare rispetto a quello iniziale, se si lascia riposare l’acqua, a causa dell’evaporazione dell’anidride carbonica che lo aveva mascherato. Infatti se si beve un’acqua contenente anidride carbonica, si ha un mascheramento del sapore per l’azione pungente del gas sulla mucosa della bocca. Il gusto salato dei cloruri solfati, il gusto amaro se predomina il magnesio, dolce se predominano le componenti calciche, acido dato dalla maggiore presenza di CO2 o dalla sua aggiunta più o meno sapientemente equilibrata. Così avremo acque minerali di medianità gustativa gradevole e una capacità rinfrescante e rigenerante. L’eccellenza invece si ottiene da diversi fattori come la cura del territorio e la conservazione e protezione della fonte, una presenza di minerali a cui va aggiunta la carbonatazione naturale che gioca un ruolo importante nel gusto finale. Equilibrio, gradevolezza, freschezza fino a dissetare nascono dall’armonia ed equilibrio dell’acidità e delle componenti minerali presenti. (dal mio libro: Anatomia al gusto di …cioccolato, caffè, acqua, tè, vini dolci e da meditazione- Morlacchi Editore).
ABBINAMENTI ACQUA- CIBO. Sono oltre 700 le sorgenti presenti nel nostro Paese, un grande patrimonio di falde che producono acque con caratteristiche diverse che influenzano il gusto dei piatti. Ma ancora oggi nella ristorazione l’acqua minerale è poco valorizzata e gli chef non riservano alla sua scelta la stessa cura che invece hanno per altre materie prime. L’abbinamento di acque minerali ai cibi non è un fatto casuale, ma segue regole esatte. Come possiamo individuare il sapore dell’acqua? Anche dal cibo. Dal loro armonico incontro al naso e in bocca. Dal fatto che siamo non solo dissetati, ma gradevolmente rinfrescati e appagati. Ad acque lisce, “piatte”, a basso contenuto di minerali e dal gusto neutro, si possono affiancare alimenti delicati come antipasti di mare o verdure crude, brodi leggeri, risi, formaggi freschi e dolci secchi. Lo stesso vale per quelle con medio contenuto di minerali che si sposano bene anche con carni bianche, pesce e primi poco untuosi. Discorso diverso per le acque frizzanti. Le effervescenti naturali, equilibrate e rotonde, sono perfette per il “crudo”, che è così di moda, e così anche quelle con gas aggiunto e pochi minerali. Se invece con molti minerali, dal gusto sapido e con gas aggiunto, l’abbinamento giusto sono i primi con ragù, lasagne o cannelloni, carni rosse e intingoli vari come timballi, pizza, formaggi semi-stagionati, fritture, dolci e cioccolata. Tutte sono consigliate per quella sensazione che regalano di “sgrassare” il palato. Infatti saper scegliere la giusta acqua contribuisce ad alzare la qualità di un buon piatto e del cibo che mangiamo, proprio come avviene per il vino che preferiamo. E a regalarci benessere immediato in bocca.
L’ACQUA TRA I FORNELLI. Liscia o gassata, fredda o a temperatura ambiente, anche tra i fornelli è importante conoscere il valore dell’acqua, spiegarne i piccoli segreti. Basti pensare, su tutto, agli impasti e ai lievitati. Per una buona pizza, ad esempio, la pasta è fondamentale e quindi farina e acqua diventano ingredienti importantissimi. Un po’come avviene per il caffè (quello napoletano è considerato inimitabile), e anche per il tè, come scrive il letterato e poeta cinese Lu Yu nel suo “Canone del tè” (Chajing, 758-761 d.C) dove raccomanda, per ottenere una infusione migliore, l’utilizzo di acqua di sorgente montana, quella ineguagliabile “che gocciola da stalattiti e si raccoglie in pozze tra le rocce”. Altro esempio è l’acqua da utilizzare per le pastelle da frittura, dove viene richiesta alle volte molto fredda o in alternativa gassata. Una buona tempura deriva da una pastella poco densa e mescolata bene per formare appositamente bolle di farina intatte, e in questo caso l’acqua è preferibile gassata, oltre che ghiacciata. Esistono anche i “dolci all’acqua”. Sono le granite e i sorbetti, composti quasi completamente di acqua e per questo consigliati in periodi di caldo e afa. Anche cuocere con l’acqua è importante e prevede tecniche diverse: “al vapore”, “per ebollizione”, “con protezione”, “affogata”, “a bagnomaria” e oggi anche “sottovuoto”. Questi metodi si possono suddividere in due categorie: la prima include le tecniche che sfruttano la temperatura di ebollizione dell’acqua, mentre del secondo gruppo fanno parte le cotture che privilegiano temperature inferiori, attorno ai 70-80 °C. Infatti i benefici dell’acqua sono anche nelle cotture dolci, cioè tutte le tecniche che non raggiungono la temperatura di 100 °C. L’innovativa cottura “sottovuoto” può avvenire sia a temperature basse, sia a temperature prossime all’ebollizione.
LA SCELTA della giusta tecnica e temperatura di cottura dipende dal tipo di alimento da preparare. I cereali, le patate sono ricchi di amido che, in presenza di acqua e sottoposto a ebollizione, tende a rigonfiarsi: i granuli quindi si romperanno e la viscosità della molecola aumenterà, rendendola traslucida, gelatinosa e facilmente digeribile. L’amido sottoposto a basse temperature non riesce invece a cuocersi perfettamente e risulta indigesto. Anche gli altri alimenti di origine vegetale richiedono acqua in piena ebollizione, che ha almeno tre funzioni: è utile per rendere tenera e quindi gradevole la cellulosa (anche se non viene comunque assimilata), per limitare le perdite vitaminiche e infine per migliorare l’aspetto, il colore e il sapore delle verdure. Invece gli alimenti di origine animale sono ricchi di proteine che iniziano a coagulare alla temperatura di circa 55-60 °C, fino a raggiungere un punto di coagulazione ottimale. Solo la carne ricca di tessuto connettivo richiede temperature più alte, vicine agli 80 °C, per dare la possibilità al collagene di sciogliersi e trasformarsi in gelatina. Se nel corso della cottura si superano le temperature consigliate, si verifica una vera e propria denaturazione delle proteine con un accorciamento delle fibre muscolari e la perdita di liquido. Avremo allora una carne eccessivamente asciutta e stopposa. Anche per la cottura delle uova la temperatura è importante: fino a un certo grado di calore le proteine tendono ad addensarsi e a trattenere una discreta quantità di acqua, superata la temperatura ottimale, la struttura delle uova tende a indurirsi eccessivamente. Per questo motivo, quando si devono cucinare prodotti di origine animale, è consigliabile adottare sempre temperature molto dolci, comprese tra i 65 e gli 85 °C. Una curiosità: si narra che il nome “bagnomaria” derivi da “Maria la giudea”, famosa alchimista vissuta all'inizio del primo millennio. Secondo quanto tramandatoci dal passato, Maria utilizzava questa tecnica per creare infusi ed elisir e fu soprattutto nel Medio Evo che la sua figura assunse una sorta di alone misterioso. Ma questo metodo non riguarda solo la cottura di alimenti: si parla di bagnomaria anche in chimica. Infatti alla più antica alchimista della storia si deve soprattutto l'invenzione di sofisticate apparecchiature sperimentali per la distillazione e la sublimazione e quella di alcune tecniche che vengono utilizzate in laboratorio ancora oggi. Questa cottura definita dapprima con l’espressione greca kaminos Marias, divenne in latino balneum Mariae, fino all’italiano “bagnomaria”.
E PERUGIA E’SIMILE A UNA FONTE “Questo è certo: siamo quassù perché c’era una fonte. Del resto, agli albori della storia, avveniva sempre così ed è pure ovvio: l’uomo fissava la sua dimora presso l’acqua. Un’acqua però che fosse in alto a evitare le belve, i miasmi, le paludi, le epidemie, gli allagamenti, le incursioni che c’erano in pianura. Quassù l’aria era pura, se dominava l’orizzonte, gli strapiombi facevano fortezza, c’era la legna per il fuoco e la cacciagione dentro il bosco, insomma c’era quella certa garanzia di sopravvivenza: ma tanto si poteva, perché appunto c’era l’acqua. E dunque, a ben pensare, è proprio a lei che Perugia deve la sua vita. Ed è pure giusto che tra loro si sia creato un legame d’affetto nei millenni. Ne restano testimoni i pozzi etruschi: a quello ciclopico di piazza Piccinino ora s’è aggiunta la scoperta di un altro uguale in via Bonazzi. Restano le terme dei Romani per la Conca. E restano le garrule fontane e fontanelle via via nei secoli create, e sono tante. Quelle fonti di vita e d’armonia: quel suono gaio e dolce d’una vita che scorre e si rinnova senza soste. Quel richiamo costante che era, non è più, ma sarà uguale. Amavano le fontane i perugini, le facevano ovunque e più belle si potesse. Quando fu fatta quella del Pisano si misero di punta, e di rimpetto, all’altro capo della strada, ne fecero fare ad Arnolfo di Cambio un’altra che si dice fosse ancor più bella. Di questa rimangono i frammenti solamente, ma basta quella in Piazza Grande a dirci tutto sulla natura d’una città quale la nostra. L’immagine d’una città che amava l’arte, se è vero che volle coronare l’acquedotto con lo splendore d’un monumento alla cui fattura chiamò i maggiori artisti del momento. D’una città colta, se è vero che è insieme un libro aperto in cui è scritta una intesi della vita, del mondo e della storia umana. Del suo fulgore, perché sorse nel periodo felice del libero Comune. Della sua efficienza, perché (il che magari ci fa oggi arrossire nel confronto), nonostante si fosse allora nel Duecento, fu ideata ed eseguita in due anni solamente. L’immagine del suo amore per quelle che sono le perenni fonti della vita e della gioia: appunto l’acqua e il bello. E’ per questo che la nostra Fonte Maggiore non va guardata soltanto come un’opera d’arte unica al mondo, ma anche, e diremmo soprattutto, come specchio d’una città che è vera e viva e fresca. E che si rinnova senza sosta”. (Dante Magnini, avvocato, scrittore e fondatore, nel 1957, della storica associazione culturale Famiglia Perugina).