Umbria, viaggio nel cuore verde d’Italia
di Josep Palau
Articolo vincitore
Questa zona del paese a forma di stivale possiede un poco di ogni aspetto positivo delle regioni che la circondano: colline e arte, grandi monumenti religiosi e una gastronomia deliziosa.
Situata dove gli Appennini perdono la loro ferocia e si trasformano in una distesa di morbide colline, l’Umbria è una delle poche regioni italiane senza sbocchi sul mare; è per questo che si mette in risalto il suo patrimonio naturale per proclamarla "il cuore verde d’Italia". Il paesaggio mescola frammenti di campi ricoperti di ulivi, pini e cipressi con il giallo ruggente dei girasoli e con la torre di una chiesa che si erge verso l’alto. È, in definitiva, un’Italia lontana dalla massificazione e che si assapora a passo lento.
Ogni volta che visito l’Umbria, faccio di Perugia la mia base operativa, non solo perché si trova nel centro della regione e consente di approfittare del percorso radiale delle sue strade, ma anche perché è una città eccitante. La sua bellezza sta nella sua imperfezione, della quale buona dimostrazione è data dalla Piazza IV Novembre, con una fontana di Giovanni Pisano che sembra ubicata lì per caso. Il suolo, inclinato, dissimula appena il terreno scosceso, mentre la cattedrale gotica forma degli angoli irregolari con il Palazzo dei Priori, antica sede del potere civile.
Perugia, come tante metropoli medievali, richiede che ci si sposti per poterla apprezzare da tutte le prospettive, dato che chi l’ha concepita non aveva delineato dei piani di sviluppo urbano. All’interno del palazzo si trova il Collegio del Cambio, equivalente a una banca di oggi. Le pareti sono decorate da uno dei migliori cicli di affreschi di Pietro Vannucci "il Perugino", maestro di Raffaello. Lì plasmò personaggi dalle guance rosee, amanti della buona cucina. Molti sembrano copie ed è così, dato che nel XV secolo si usavano dei cartoni per riprodurre le figure, che poi i discepoli dell’artista dipingevano; quanto meglio si imitava il maestro, maggiore considerazione riceveva l’aiutante.
Una gastronomia invidiabile
La buona tavola è una costante a Perugia e in tutta l’Umbria, dove abbondano i piatti conditi con tartufo bianco o nero. Molti riflettono l’indole anticlericale degli umbri. Qui si mangia il pane sciocco (sciapo), senza sale, nato per evitare la tassa papale sul condimento. Si mangia anche la pasta strozzapreti, nome che non necessita chiarimenti. Tanta antipatia ha una spiegazione storica, dato che, nel XIV secolo, il cardinale Egidio Albornoz, di origine spagnola e sepolto a Toledo, mise le basi in Umbria per l’unificazione dello Stato Pontificio su incarico del papa di Avignone. Per questo, fece costruire una serie di fortificazioni che servivano più a controllare che a difendere il territorio.
Nello stesso contesto politico, nel 1540 venne costruita una delle opere più affascinanti di Perugia: la Rocca Paolina, un baluardo voluto da papa Paolo III e per la cui costruzione furono sgomberati negozi e abitazioni. Distrutta a metà del XIX secolo, l’interno della Rocca è oggi qualcosa di simile a una catacomba che collega la parte alta a quella bassa della città. In questo spazio vengono celebrati eventi culturali di carattere internazionale che, insieme al festival Umbria Jazz e all’Università per Stranieri, animano le ripide strade di Perugia.
Gubbio, a circa 40 minuti di macchina, presenta rampe ancor più scoscese. La prima immagine di questa località è rappresentata dal suo Palazzo dei Consoli (gotico, del XIV secolo), che si impone sulla valle dall’alto di alcuni archi formidabili, come se un gigante lo sorreggesse con le mani sopra alla testa. La sorpresa continua quando si scopre che la scala di accesso fuoriesce da un muro del secondo piano, facendo scendere i suoi gradini sulla Piazza Grande.
Nel museo del palazzo sono esposte le Tavole Eugubine, sette lastre di bronzo redatte in lingua umbra e in latino e dedicate a Giove. Datate fra il III e il I secolo a.C., le tavole dimostrano che Gubbio è la località più antica della regione.
Il sole strappa riflessi abbaglianti ai marmi che ricoprono la basilica di san Francesco ad Assisi, eretta sulle pendici del monte Subasio. Nei giorni di nebbia, osservata dalle vicinanze del paese, sembra fluttuare nell’aria. Il suo interno è ricco di affreschi che si distinguono per i colori e la qualità del lavoro, non per l’uso dell’oro, tanto comune nelle altre chiese.
Assisi si trova a circa 50 chilometri da Gubbio e a soli 25 da Perugia. Qui nacque san Francesco, in una famiglia di commercianti; egli rinunciò a tutti i suoi beni quando sentì la chiamata della fede mentre pregava lì dove ora sorge la basilica di santa Chiara, dall’altra parte della città. Mi è sempre sembrata curiosa la storia per la quale santa Chiara sia stata proclamata patrona della televisione: gravemente malata, non si è potuta recare alla messa di Natale ma l’intervento divino ha fatto sì che assistesse in spirito alla celebrazione. Nel 2008 si è proposto che diventasse anche la patrona di Internet, ma tale idea non ebbe seguito.
Salendo verso la basilica, vi sono vari negozi che vendono statuine del presepe, invenzione di san Francesco; all’interno della Basilica Superiore, l’affresco Presepe di Greccio rappresenta il momento in cui ciò avvenne. È solo una delle 28 scene che ha dipinto Giotto, nonostante io preferisca l’opera di Cimabue nella crociera, realizzata con una tecnica che mi ricorda i negativi delle pellicole fotografiche.
Ricostruendo la storia
Tutto ciò che si vede oggi è stato ricostruito pazientemente dalla squadra di Sergio Fusetti; a suo tempo ho avuto l’opportunità di intervistarlo e vedere come ricomponeva il gigantesco puzzle da 300.000 frammenti di pittura nel quale erano state ridotte la cupola e la navata centrale in occasione del terremoto del 1997. La chiesa si era salvata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale grazie al fatto che i tedeschi avevano istituito un ospedale al suo interno.
La strada prosegue verso Spoleto, a sud, passando da Spello, Montefalco o Foligno, tre deliziosi borghi medievali che formano un perfetto connubio di punti di osservazione da cui contemplare il panorama. Ci addentriamo quindi nella Valnerina, la valle del fiume Nera, che si estende verso i monti Sibillini e il Parco Nazionale al quale danno il nome. Si tratta di una zona privilegiata per gli appassionati delle escursioni, con sentieri che si spiegano fra villaggi immutati nel tempo, estranei al potere medievale del centro dell’Umbria.
Da mettere in risalto il comune di Sant’Anatolia di Narco, dove è possibile mangiare il miglior cibo persino nel locale più umile, e la cascata delle Marmore, così chiamata per il carbonato di calcio che tinge le sue acque di bianco. Si trova all’interno del parco fluviale del Nera, a 8 chilometri da Terni, e deve la sua origine alla costruzione di un canale ai tempi dell’Impero Romano. Di fronte a una tale bellezza, pare un’assurdità che la Valnerina sia stata scelta da Roberto Benigni come sede del campo di concentramento del film La vita è bella (1997).
Il comune di riferimento in questa zona è, senza dubbio, Spoleto. Alla sua sommità sorge la rocca del cardinale Albornoz, anche se la prima cosa che richiama l’attenzione quando ci si avvicina è l’acquedotto che unisce il comune con il Monteluco. La diversa larghezza dei suoi archi a tutto sesto rivela che è stato completato in epoche diverse. Una volta nel centro storico, la cattedrale del XII secolo sorprende il visitatore con un inaspettato interno barocco e degli eccellenti affreschi di Filippo Lippi. Pittore del Quattrocento italiano, Lippi odiava l’idea di morire lì, per questo si rappresentò nell’atto di fare le corna nell’affresco che ritrae la Morte della Vergine (Dormitio Virginis).
Meno irriverente risulta la decorazione della cattedrale di Orvieto, la seguente tappa artistica del nostro percorso circolare attorno a Perugia. Gotica senza compromessi, in una cappella contiene Dannati all'inferno di Luca Signorelli, opera che sembrò ispirare Michelangelo per la sua versione del passo della Bibbia nella Cappella Sistina del Vaticano. Inoltre, nonostante la città si avvicini pericolosamente a un promontorio, la cosa più curiosa non è in bella vista, ma risiede nel sottosuolo, dove una serie di cavità venivano già utilizzate dagli etruschi e, fino ai giorni d’oggi, sono state impiegate per conservare i cibi a basse temperature.
Nei pressi del lago Trasimeno, altre cavità si utilizzano ancora per invecchiare i vini, come, per esempio, nelle cantine vicino al paese di Castiglione del Lago. In generale, i vini della zona vengono prodotti con uva sangiovese, ma anche con il sagrantino, un vitigno importato dall’Asia Minore dai seguaci di san Francesco. Con un calice in mano, mentre il sole tramonta sotto alle sponde di uno dei più estesi laghi d’Italia, direi che hanno avuto una grande idea.