Noi rimaniamo a Norcia per ricominciare
di Simonetta Palmucci
Il terremoto del 30 ottobre ha raso al suolo gran parte della città umbra. Ma molti abitanti, rimasti senza un tetto, non lasciano i luoghi della loro vita.
E a Grazia dicono che solo qui possono guardare di nuovo al futuro.
“Dopo la scossa del 30 ottobre sono rientrata a casa mia solo una volta. La priorità per me, adesso, è aiutare le persone, dare loro i medicinali di cui hanno bisogno”. Alessandra Rossi, 43 anni, titolare della farmacia di Norcia, attende davanti alla sua attività, nella “zona rossa”, che i vigili del fuoco l’accompagnino dentro fare scorta di farmaci.
Qui, nel cuore dell’Umbria, dove per arrivare si attraversa un paradiso di vallate e boschi che sembrano quadri, il 30 ottobre in pochi attimi si è scatenato l’inferno. Vite stravolte in una manciata interminabile di secondi, abitazioni e attività distrutte, chiese crollate. Molti abitanti, con un peso al cuore, hanno scelto di lasciare Norcia e di raggiungere le strutture alberghiere messe a loro disposizione, ma tanti hanno deciso di restare. “Io non me ne vado “, spiega Alessandra. “Mio padre ha comprato questa farmacia 40 anni fa. Nel ’79 la città è stata distrutta da un forte sisma, si è ripartiti da zero ed è stata ricostruita. Faremo così anche questa volta”.
Il sorriso sulle labbra di Alessandra si spegne quando ricorda la mattina del 30 ottobre. “Sembrava una domenica come le altre: le mie bimbe. Giulia di 0 anni e Giorgia, 4 anni e mezzo, sono venute sul lettone con e mio marito Federico. All’improvviso il terremoto. Ancora ho nelle orecchie il rumore dei muri degli edifici che crollavano fuori. E’ iniziato a cadere tutto, anche i mobili più pesanti si sono spezzati. Con il corpo mi sono messa sopra le mie figlie per proteggerle. Pregavo di Dio prendere me, ma di lascar vive loro. Quando la terra ha smesso di tremare, siamo usciti di casa. Era l’apocalisse”.
Per due giorni, Giulia, la figlia più grande, non ha parlato. “Ora sta meglio, si trova dai nonni a Perugia insieme alla sorellina e finalmente ha ritrovato la serenità. Io e mio marito siamo rimasti qui perché dobbiamo pensare agli altri”, prosegue Alessandra. “La nostra abitazione è nella zona rossa. Di notte dormiamo in una roulotte che ci ha prestato un amico. Per affrontare l’emergenza, all’inizio entravo nella farmacia due volte al giorno, accompagnata dai pompieri, per prendere i medicinali che ci venivano richiesti. Nel lavoro siamo stati aiutati da alcune farmaciste arrivate in camper da Cagliari.
Ora Federfarma Umbria ci ha dato un camper per la distribuzione dei farmaci. Quelli più richiesti sono solo lo sciroppo per la tosse per i bambini e il paracetamolo, nessuno finora ci ha chiesto ansiolitici. Segno che la gente di qui è tosta e sa affrontare la paura. Adesso, per riportare Norcia le mie bambine, attendo che siano pronti i moduli per la scuola. Da lì, sono sicura, questa città ripartirà.
Di fronte al camper in cui Alessandra e la famiglia distribuiscono medicinali ha riaperto un bar. Qui la gente del posto si ferma a prendere un caffè e a fare due chiacchere alla ricerca di una quotidianità che ancora stride con i campanili crollati, con la Basilica di San Benedetto che quasi non c’è più, e con le case distrutte che si intravedono al di là delle mura di cinta, nella zona rossa.
Raffaela Rotondi, 46 anni, avvocato, insieme con il marito Massimo, 47 e alle bimbe, Giulia 11 e già da 7, fanno colazione. “Tanti nostri amici”, racconta Raffaella,” hanno scelto di andarsene con i loro figli. Noi vogliamo restare a Norcia perché è qui che desidero che crescano le mie bambine. La casa è lesionata, in attesa delle verifiche dormiamo in roulotte. All'inizio è stata dura, dice Raffaella. Il mio studio devastato sono potuta rientrare solo una volta, con i vigili del fuoco, per riprendere il computer l'agenda. È terribile vedere che quello che hai realizzato è stato distrutto in pochi attimi, ora però, piano piano, sto riacquistando le forze. Nel ‘79 i miei genitori si trovarono nelle condizioni in cui ci troviamo noi oggi. Si sono rimboccati le maniche e sono ripartiti da zero. Anche noi faremo così”. Mentre si guarda il futuro, attaccati con mani e cuore alla propria terra si vive alla giornata pensando soprattutto e bambini. “Le mie figlie sentono la mancanza alle maestre, dei compagni. Hanno avuto molta paura ma vederci sereni le aiuta”, racconta Raffaella. “La sera a cena alla mensa incontriamo le altre famiglie. Lì le bambine giocano con gli amichetti e, stanno insieme, si cerca di esorcizzare la paura, che ancora, purtroppo, è tanta”.
Di fronte a una delle porte della città c'è chi va e chi viene dalle abitazioni della zona rossa, accompagnato dai pompieri per recuperare velocemente qualche oggetto. Luana Colacecchi, 50 anni, è appena uscita dalla casa in cui vive in affitto dal 24 agosto, dopo che quella di proprietà è stata lesionata dal primo sisma di questa interminabile serie di scosse”. Al momento”, spiega “dormiamo nelle tende allestite dalla Protezione Civile. Non ho mai pensato neanche per un attimo e andarmene. Qui ci sono i nostri defunti al cimitero, le nostre chiese, i nostri affetti. Apparteniamo a questi luoghi e, anche se sono pericolosi, non li lasceremo. Mio nonno, nel 1919, ha fondato qui l’azienda di famiglia. Siamo distributori di bevande riforniamo tutti i bar, le pizzerie e i ristoranti nella zona. Il nostro magazzino si è aperto come se fosse un castello di carte. Siamo in grossa difficoltà, ma non ci arrendiamo. Abbiamo già iniziato a fare i lavori con la ruspa e la nostra priorità e ricominciare nel più breve tempo possibile: lo dobbiamo fare anche per i nostri dipendenti”.
Costeggiando le possenti mura di Norcia, in parte crollate, si arriva al piazzale in cui è stato allestito il Centro Operativo Comunale (COC): tra tende e container utilizzati come uffici, ci sono cittadini pazientemente in fila, anziani, papà, mamma e con bambini e tanti giovani.
Federica Lupi, 23 anni, con la sorella Antonella 21, sono le titolari di un'azienda agricola e di un agriturismo, insieme con il fratello Emanuele di 25 anni, e i genitori, Virgilio e Giuliana. Sono venuti al COC perché la villa che confina con il loro terreno è crollata, il proprietario vive fuori, e le macerie ostruiscono i mezzi che devono portare gli approvvigionamenti di cibo agli animali. “La nostra casa e il ristorante dell'agriturismo sono distrutti”, spiega Federica. “Dormiamo in una tenda e presto arriverà una copertura provvisoria per gli animali. Abbiamo mucche, maiali, bufali, non li possiamo abbandonare. In questo momento la nostra attività si basa soprattutto sulla produzione di latte: il caseificio che riforniamo funziona ancora.
Sappiamo che i prossimi mesi saranno duri, che il turismo stenterà a ripartire, ma resisteremo, non andremo via, non lo abbiamo mai pensato. Qui c'è il frutto dei sacrifici che hanno fatto i nostri genitori e c'è il futuro. Ripartiremo dalla terra, dall'agricoltura”.
In fila, di fronte alla tenda dei vigili del fuoco, Tommaso Fraschetti, 31 anni, chiacchiera con alcuni amici e la sua ragazza. “Lavoro in un albergo del centro come receptionist”, racconta. “La mattina del 30 ottobre, quando c'è stata la scossa un gruppo di turisti aveva lasciato la struttura da una decina di minuti. Nelle ultime settimane e sembrava che Norcia si stesse riprendendo dal terremoto del 24 agosto: eravamo ottimisti. L'ultimo sisma, però, ha dato il colpo di grazia. Al momento sono senza lavoro perché l'albergo che è in centro, è inagibile così come è inagibile la casa in cui vivo con i miei genitori. Mamma e papà si sono trasferiti a Roma dai parenti e io dormo da mio fratello che vive a qualche chilometro da qui. La paura è tanta ma non mi muovo da Norcia, dove sono nato e cresciuto e dove voglio farmi una famiglia”.
“Stavamo aspettando gli arrivi per il ponte dei Morti”, aggiunge Riccardo Montini, titolare del ristorante Il Cenacolo, anche lui in fila al COC. “ I segnali erano incoraggianti, la gente stava tornando. Ora viviamo alla giornata, non sappiamo che cosa accadrà. Ci confortano solo i messaggi e le telefonate di solidarietà fatti dai clienti. La mia speranza è che adesso si punti, oltre che a le case, a far ripartire l’economia. Solo così la gente di Norcia potrà restare qui e tornare a guardare al futuro.”