TESTATA: Terrenostre

DATA DI PUBBLICAZIONE: febbraio 2015

Nel cortile del quadrilatero sembra di sentirle ancora quelle risate sommesse e quei pettegolezzi rubati al lavoro delle mille tabacchine di Bastia Umbra. Risuonano fino all’ultima stanza dell’ex tabacchificio Giontella. Oggi è il nuovo Palazzo della Salute, polo unico di erogazione dei servizi socio sanitari del centro di salute e del dipartimento della prevenzione. Nuova destinazione d’uso per uno dei luoghi di orgoglio e forza lavoratrice degli anni ‘40 e ‘50. Un destino che accomuna Bastia ad altre città dell’Umbria che hanno visto dominare nella propria campagna un tabacchificio, risultato anche della lungimiranza di imprenditori locali, come il conte ingegner Pietro Pietromarchi a Marsciano, Tito Buccolini ad Umbertide e il cavalier Francesco Giontella a Bastia Umbra. Nel 1951 risultavano impiegati negli stabilimenti umbri più di 6000 addetti, prevalentemente donne. Di queste, ben 1000 lavoravano a Bastia Umbra. Ogni mattina partivano a piedi o in bicicletta, con il loro bel camice addosso. Qualsiasi temperatura, pioggia o sole, sempre di corsa, guai ad arrivare in ritardo.

La brezza sollevata dalle biciclette scopriva appena le gambe delle belle tabacchine, coperte, per qualcuna, dalle prime calze velate. Qui, nel cortile del Palazzo della Salute, tra il via vai disattento dei passanti, mi sembra di risentire anche la voce gentile di Maria, una delle tabacchine bastiole che intervistai sette anni fa quando la struttura era impacchettata dai palchi per i lavori di ristrutturazione. Oggi Maria, con i suoi 94 anni, è ancora una testimone lucida di quella vita che ha rivoluzionato l’economia di tante famiglie e la posizione sociale di intere generazioni di donne. Le sorridevano i piccoli occhi azzurri mentre, quella mattina, sfogliavamo insieme il calendario della Pro Loco con le vecchie foto del tabacchificio. C’è anche lei insieme alle compagne di lavoro, la seconda a destra del padrone. Aveva solo 13 anni, Maria, quando prese in mano per la prima volta quelle lunghe foglie essiccate. “Ebbi la fortuna di entrare a lavorare così giovane grazie alla maestra Francesca, amica della signora Giontella. All’inizio si produceva tabacco per sigari e lavoravo solo tre mesi l’anno. Poi grazie alla lavorazione di tabacco da sigarette Bright, l’occupazione durava otto mesi”. Pazienza, colpo d’occhio e destrezza erano le doti richieste nel reparto cernita. E lo sapevano bene le ragazze come Maria, che per 30 anni ha osservato, studiato e selezionato quelle foglie. “Facevo la cernita del tabacco: all’inizio si lavorava al banco e su ogni banco eravamo quattro donne. Due lunghe file, a destra e sinistra del capannone. C’era un’esigenza incredibile. Riuscivamo a separare quattordici qualità di tabacco in un solo mazzo. La selezione era accuratissima, fatta in base al colore: giallo più chiaro, più scuro, più ambrato. Il giallo oro, ci dicevano, era per gli inglesi. Ogni qualità aveva la sua lunghezza e andava rispettata. Dovevamo essere veloci e precise, per produrre il più possibile ogni giorno.

A fine giornata il lavoro veniva pesato e quantificato”. La storia della tabacchicoltura in Umbria si perde tra i dati di archivio, gli articoli dei periodici del tempo e i ricordi delle vere protagoniste. Da più di mezzo secolo l’Umbria fornisce più del 10% della produzione nazionale del tabacco. Fu il comune di San Giustino a costruire il primo tabacchificio in Umbria, intorno alla metà del 1800. Oggi la salvezza del suo stabilimento è arrivata grazie alla sinergia tra pubblico e privati. Accanto alla galleria commerciale e al centro sportivo, ha trovato posto anche il Museo Storico e Scientifico del Tabacco. E così gli essiccatoi sono tornati al loro Non solo spazi culturali, ma anche luoghi tecnologici. Il Palazzo della Salute a Bastia Umbra è un recupero all’insegna dell’innovazione e della modernità. Una struttura sanitaria all’avanguardia con poliambulatori medici specialistici, aree per la riabilitazione e per la prevenzione.

È la trasformazione la chiave del tutto: movimentare la realtà per creare un nuovo uso quotidiano. Cosa fare del passato industriale? L’emergenza recupero è un auspicio verso la salvezza e non un abbandono. Alcuni comuni umbri hanno già vinto, per i loro tabacchifici, questa sfida del nuovo millennio. Non una necessità di oblio, ma piuttosto un’urgenza di memoria. Con il coraggio di dare nuova voce a chi, come Maria, li ha vissuti in prima persona. Non ci sono più i mosaici, le vetrate colorate e i marmi, ma c’è l’orgoglio e la forza di quella società lavoratrice che camminava a testa alta e guardava avanti. Perché, come mi ha confidato Maria: “Non si poteva parlare tra noi, ma qualche battuta di straforo usciva sempre. Sai cosa ci dicevamo? I soldi saranno pochi, ma le risate tante”. 

Questa pagina ti è stata utile?