Articolo finalista

TESTATA: La Stampa

DATA DI PUBBLICAZIONE: 7 novembre 2013

In Umbria sostengono che dietro ogni olio buono c’è una buona storia. Quella dell’uliveto Paradiso di Pianciano risale addirittura al 1600 quando il Conte Pianciani, discendente di una famiglia di antiche origini romane, decise di piantare nella tenuta di 90 ettari nei pressi di Spoleto, 25 mila piante. Il nonno di Antonio Bachetoni, l’attuale proprietario, l’acquistò dopo che i Pianciani a fine ’800 dilapidarono tutti i loro averi per mantenere un esercito privato durante le lotte per l’indipendenza d’Italia. Oggi come allora, le olive sono raccolte a mano su di una collina di roccia calcarea posta a 550 metri di altitudine e la frangitura avviene nello stesso edificio utilizzato cinque secoli fa.  

L’olio di qualità Moraiolo che se ne ricava è piccante e assorbe gli odori delle erbe spontanee che vivono e crescono intorno alla chioma delle piante. Accanto al Frantoio, pascolano i bovini di razza chianina e soprattutto si erge in tutta la sua magnificenza quel palazzo seicentesco, dove il Conte contadino, dopo avere partecipato tra ottobre e gli inizi di dicembre alla raccolta delle olive, si ritirava dedicandosi alle letture dei volumi che riempiono gli scaffali della sua biblioteca, tra pareti affrescate, sale di trofei di caccia africana, pavimenti in legno di ulivo. Quante storie e oli si possono «gustare» attraversando l’Umbria tra novembre e l’inizio di dicembre approfittando di manifestazioni doc come Frantoi Aperti (www.frantoiaperti.net), e magari utilizzando mezzi “slow” come la bicicletta. Con Umbria & Bike (www.umbrialifestyle.it),senza preoccuparsi dei bagagli, partendo da Spoleto, dopo avere visitato la Chiesa di San Pietro risalente al XII secolo, il Tempietto longobardo sul Clitunno del VII secolo d.C. e la Cattedrale di S. Maria Assunta – la facciata è impreziosita dal mosaico di Solsterno e dalla arcate del portico realizzate da Ambrogio Barocci, mentre al suo interno si ammirano gli affreschi delicati ma anche un po’ sfrontati del Pinturicchio nella Cappella Eroli che copre le nudità con foglie di vite e perizoma vegetali e soprattutto l’abside affrescata dalle Storie della Vergine di Filippo Lippi – si possono battere strade del piacere e della nostalgia. Ad esempio tratti della ex ferrovia che dal 1926 fino al 1968 collegava Spoleto a Norcia attraversando la Valnerina. La storia di quel trenino azzurro è raccontata nel museo allestito all’interno della stazione di Spoleto, mentre laddove correvano i binari adesso si dipana una dolce green way per cicloturisti che tra cespugli di erica selvatica, si incuneano in questa valle a imbuto ammirando panorami da una prospettiva privilegiata, incontrando lungo i 52 km del tracciato gatti selvatici, aquile reali, gheppi, passando sopra 24 viadotti ed entrando all’interno di gallerie elicoidali.

In bicicletta si può raggiungere, sempre da Spoleto – romantica è la passeggiata notturna al Ponte delle Torri con vista sulla Rocca Albornoziana – il borgo fortificato di Campello Alto trasformato in albergo diffuso (Borgo Campello) dove le donne cuociono ancora le focacce nei forni pubblici all’aperto e gli ospiti che scelgono di soggiornare dentro queste case in pietra raccolgono la verdura dagli orti coltivati come nei secoli scorsi. Vallo di Nera invece è un set cinematografico abitato. Franco Zeffirelli lo scelse nel ’72 per girarvi numerose scene di “Fratello Sole, Sorella Luna” attratto dalla bellezza di questo paese belvedere sulla valle del Nera e anche dagli affreschi di quella chiesa gioiello del 1176 che è S.Maria Assunta in cui, tra le tante scene, si riconoscono il martirio di Santa Lucia, San Francesco con le Stimmate e la Regola e intento a predicare agli uccelli. Gustata alla Locanda Cacio Re una frittata con la salsa dei tartufi neri alla cui lavorazione si può assistere all’Agria Valnerina (agria.val@libero.it), ci si sposta a Norcia, il borgo dalle sette porte: nella piazza San Benedetto, sotto la statua dell’abate fondato dell’ordine, i giovani si sfidano al tiro alla fune davanti al Palazzo della Castellina, mentre i monaci con le cappe nere, originari di New York ma anche del Nepal, raccontano la storia della Nursia prodotta nel loro birrificio artigianale che ora fa concorrenza in quanto a fama e fame alle più note norcinerie dalle tante, forse troppe teste di cinghiale appese alle insegne quale quella dei fratelli – (nomen omen?) - Ansuini. Da Norcia si sale nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini sino a Castelluccio, che sorge sul cocuzzolo di una collina dalla quale si prova l’estasi di lanciare lo sguardo dentro la Piana: l’altipiano più alto d’Europa adesso non sfoggia i colori rosso dei papaveri, giallo delle lenticchie (da provare all’Agriturismo Il Sentiero delle fate), blu dei fiordaliso ma il contrasto tra il verde dell’erba e delle pinete e il marrone del foliage desta l’incanto. E lo sguardo si fa bambino e cerca le sibille che, secondo la leggenda, ballavano sulla piana nascondendo i loro zoccoli con lunghe vesti.

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