Le cronache di Narnia, o forse meglio dire di Narni?
di Edward Alexander Berger
TESTATA: virtualwayfarer.com
DATA DI MESSA IN ONDA: 23 luglio 2012
Destati dai raggi dorati del sole Umbro, abbiamo dato inizio a quella che sarebbe stata l’ultima tappa della nostra avventura di due giorni e mezzo in terra d’Umbria. Stropicciandomi pigramente gli occhi, mi sono ritrovato ancora una volta a fissare il verde paesaggio Umbro dal vetro delicatamente oscurato del bus che, percorrendo la strada che costeggia il Lago di Corbara, ci avrebbe condotto a Narni. Ancora non sapevamo che le ultime sei ore della nostra avventura ci avrebbero riservato interessanti rivelazioni, cultura a piene mani ed un viaggio nel mondo della fantasia.
Quando le guide ci hanno comunicato che ci stavamo dirigendo verso la cittadina di Narni, subito ci siamo detti: “Narni? Mi ricorda molto Narnia.” Ridendo sotto i baffi, siamo tornati ad ammirare gli stupendi borghi collinari che si offrivano uno dopo l’altro alla nostra vista dal finestrino del bus. Dopo circa una settimana trascorsa in Umbria, sono ormai convinto che si potrebbe tranquillamente passare un anno intero ad esplorare l’immenso patrimonio di borghi e paesi che la punteggiano ed essere, tuttavia, ancora ben lontani dall’averne vista a malapena la metà. Ognuno di loro pare più pittoresco, più invitante, più …. affascinante dell’ultimo che si è visitato.
… poi è successo qualcosa. Le dolci colline ed i minuscoli borghi precariamete appollaiati sui loro crinali hanno lascito improvvisamente il posto al bagliore delle luci e a curve pareti grigie. Qualcuno potrebbe forse dire che eravamo entrati in galleria, ma, ora, inizio a nutrire qualche sospetto. Vedete, mentre il bus correva con passo inarrestabile verso la sua meta ho avuto l’impressione che qualcosa fosse cambiato. Non di molto, ma di quel tanto che basta.
Così, non vi sorprenderà la teoria che ho elaborato, ossia che, quando il bus ha finalmente raggiunto la fine della galleria, siamo stati probabilmente catapultati in un universo parallelo. Un universo in tutto e per tutto simile al nostro. Automobili e strade sembravano le stesse; il cielo, però, aveva un aspetto leggermente diverso. Mi ha ricordato una storia che avevo letto una volta; lì, però, anziché in una galleria che attraversa una montagna i protagonisti entravano in un vecchio armadio in una soffitta che altro non era che un portale per un altro mondo.
Per qualche momento sono riuscito a scuotermi di dosso quella strana sensazione che, però, è tonata a farsi viva non appena ho iniziato a scorgere la meta del nostro viaggio: una cittadina parzialmente fortificata, di dimensioni appena più grandi della norma, accuratamente adagiata alla sommità dell’imponente collina che sorgeva davanti ai nostri occhi.
Mano a mano che ci avvicinavamo a quella che avrei poi scoperto essere la città di Narni, il tragitto, attraversato un grande ponte, ci ha fatto costeggiare dirute ma pur sempre notevoli vestigia di strutture murarie di epoca Romana per poi imboccare una strada larga appena quel tanto che bastava a far passare il nostro bus. Fortunatamente, giunti ai piedi della collina, la strada si è aperta in un parcheggio, certo più ampio ma comunque stracolmo, in cui pareva avessero di fatto parcheggiato tutti i residenti della cittadina.
Intento a fissare la cittadina, ne ho notato il profilo che si stagliava contro il cielo. Mentre la maggior parte delle città Italiane mostra un profilo generalmente uniforme, la ripidezza del colle su cui sorge e l’abbondante utilizzo di pietra grezza e intonaco le donavano, invece, un aspetto piuttosto caotico ed irregolare. Ora, nella maggior parte dei casi, descrivere il profilo di una città come casuale, disorganizzato e, in qualche modo, confuso sarebbe ben lontano dall’essere un complimento. Nel caso di Narni, tuttavia, è vero il contrario. Questa casualità, questa irregolarità contribuiscono al suo fascino e le conferiscono un’intensità che la fa apparire insolita e la impreziosisce.
Non meno interessante si è rivelato il tragitto dal parcheggio alla cittadina che abbiamo raggiunto salendo una serie di scalinate, prendendo una funicolare, percorrendo diverse graziose strade acciottolate e attraversando, per non farci mancare nulla, anche un paio di piazze. La passeggiata ci ha permesso di scambiare qualche parola con varie guide del posto e conoscere qualcosa di più sulla cittadina. Camminando a passo sostenuto, mi sono presto trovato senza fiato per la ripidezza delle scale che stavo salendo e la conversazione si è fatta un po’ più ardua del normale. Ad un certo punto, siamo passati di fronte ad un gruppo di anziane signore impegnate in un bonario scambio di battute; quindi, svoltato l’angolo ci siamo ritrovati a percorrere una strada appena più ampia che pareva correre lungo il crinale del colle. Ed è allora che è successo.
Subito si è fatto evidente come la strana sensazione da cui ero stato pervaso attraversando la galleria fosse ben più che il risultato di una notte di troppo trascorsa a degustare i vini della regione. Vedete, svoltando l’angolo ci siamo improvvisamente ed abbastanza ovviamente trovati ad essere riportati indietro nel tempo. Pare ci fossimo imbattuti in qualche importante evento cittadino, una qualche sorta di rievocazione storica ad omaggio della città e della ricchezza della sua storia e del suo patrimonio culturale.
Avanzando lentamente per la strada, siamo stati salutati da una nobile coppia, immagino di una qualche levatura. I loro servitori ci hanno consegnato delle belle pergamene e ci hanno fatto gesto di rilassarci e goderci un po’ di musica, danze e tenzoni.
E’ stato a questo punto che i giovani della città si sono disposti in file ben allineate e, vestiti delle insegne cittadine e strumenti alla mano, sfidando il sole cocente ed indugiando solo un momento per lanciare uno sguardo fiero e deciso, si sono scrollati dal volto qualsiasi segno di emozione e hanno iniziato a suonare. Percuotevano i loro tamburi con trasporto, facendone rimbalzare il fragoroso boato fra strade acciottolate e antiche mura di cinta; poi è venuta la volta delle trombe. Dinanzi ad una folla silente, hanno eseguito uno straordinario repertorio di pezzi risalenti a tempi (e luoghi?) ormai lontani ma chiaramente ancora ben presenti nella memoria.
Poi, da un momento all’altro, hanno interrotto la loro esibizione per voltarsi a sinistra e osservare l’arrivo di notabili cittadini a cavallo che con grazia e disinvoltura hanno spiegato le loro pergamene e iniziato a leggere ad alta voce. Le loro parole annunciavano l’inizio del successivo evento….un cimento di forza, velocità e precisione, una gara di tiro con l’arco.
All’improvviso i giovani, ancora allineati e in formazione, hanno rullato fragorosamente i loro tamburi per segnalare l’avvio della gara e gli arcieri precedentemente radunatisi – uomini di tutte le età – hanno incoccato le loro frecce.
Tirati gli archi alle guance e fatto un respiro profondo quanto rapido, gli arcieri hanno scoccato i loro dardi che in un batter d’occhio dalla corda dell’arco si sono ritrovati conficcati nel bersaglio posto a grande distanza.
Tiro dopo tiro, è stato un vero piacere ammirare arcieri stagionati e principianti imberbi impegnati, gomito a gomito, a dare prova della loro arte. Giunti al termine della gara, il bersaglio era ormai irto di frecce; solo un paio lo avevano mancato, il resto si trovava su o nei pressi del centro.
Mentre la piazza tornava a farsi silenziosa dopo il sonoro schioccare delle corde degli archi, Narni si apprestava a proporci una nuova sorpresa. Il vociare sommesso della folla riunita nella piazza è stato interrotto da una melodia medievale; una melodia allegra ed energica….un tipo di musica che tutti siamo in grado di riconoscere ma che raramente ci è dato sentire, specialmente di persona. Voltandomi per capire da dove provenisse la melodia, ho presto scorto un gruppo di donne del posto intente ad esibirsi in una leggiadra danza. Mentre le damigelle facevano inchini, muovevano passi e di nuovo si chinavano e volteggiavano ed i miei occhi godevano della grazia dei loro movimenti, mi sono piegato leggermente verso sinistra per scambiare qualche parola sottovoce con la mia guida.
E, come volevasi dimostrare, le futili chiacchiere e riflessioni fatte nella prima parte del viaggio si stavano rivelando ben più centrate e sensate di quel che ci si potesse attendere. Il mondo incantato in cui mi ero addentrato al termine di quella lunga galleria altro non era che quello cui si accedeva dall’armadio magico dei romanzi che C.S. Lewis aveva dedicato a quel luogo remoto e fantastico chiamato Narnia. La città in cui mi trovavo, Narni, altro non era che il luogo cui l’autore si era ufficialmente ispirato per la sua opera. Ma, viene da chiedersi, si trattava di ispirazione o forse l’autore altro non ha fatto che narrare le esperienze vissute durante il suo soggiorno in città e nelle campagne circostanti?
Mentre le damigelle si rivolgevano reciproci inchini, tamburi e trombe hanno ripreso a suonare in tutto il loro fragore. Poi, con sorprendente organizzazione tutti i nobili, i signori, gli arcieri ed i danzatori che popolavano la piazza hanno formato un corteo e sfilando l’hanno abbandonata per perdersi nelle viscere della cittadina. Così, in men che non si dica ci siamo trovati di nuovo catapultati ai giorni nostri e abbiamo proseguito la nostra discesa lungo il crinale per visitare parti della città sotterranea che si cela sotto le strade di Narni. Prima, però, ci siamo soffermati per un attimo presso uno splendido belvedere per ammirare una struttura fortificata, l’abbazia di San Cassiano, adagiata appena al di là della gola ma pur sempre abbastanza lontana da non poter essere colpita da frecce scoccate dalla città.
Impazienti di visitare la chiesa sotterranea di cui ci avevano parlato, abbiamo disceso un paio di piccoli terrazzamenti per addentrarci nel buio ingresso che, senza pretese, conduce nelle viscere della collina.
Chinatici per passare attraverso l’angusto portale, siamo stati accolti da una cappella Benedettina del XII secolo, riportata alla luce solo una ventina di anni fa. Ironia della sorte, a farci da guida nella visita altro non era che uno di coloro che per primi scoprirono ed esplorarono il complesso rupestre. Semplice ma ben conservata, la cappella, sotto al cui pavimento sono tuttora sepolti resti umani, fa parte di un complesso di vani fra cui uno, adiacente, anticamente utilizzato come prigione sotterranea.
Alla cella principale della prigione si accede attraverso uno stretto ingresso; così stretto che per superarlo mi sono praticamente dovuto piegare in due. La cella non è molto più grande e offre spazio a malapena sufficiente ad ospitare un letto e ad alzarsi e sgranchire le gambe. Le sue pareti sono coperte di graffiti tracciati da almeno uno dei suoi sciagurati ospiti. Starsene lì ad osservare questi segni incisi da un povero disgraziato qualche centinaio d’anni prima è una sensazione davvero singolare .
Lasciataci alle spalle la cella e giunti ormai quasi al termine della nostra visita, abbiamo passeggiato per le strade della cittadina curiosi di imparare qualcos’altro sulla sua storia. Si pensa che la cittadina sia stata fondata esattamente dove tutt’oggi si trova circa 600 anni prima di Cristo con il nome di Nequinum.
Non più tardi del IV secolo a.C. la città, sita lungo il tracciato della Via Flaminia, arteria di fondamentale importanza fra Roma e l’Adriatico, era ormai stata conquistata e fortificata dai Romani. Attorno al 300 a.C., a seguito di un fallito tentativo di affrancarsi da Roma, la città fu definitivamente annessa al dominio Romano e ribattezzata Narni. La città ha dato i natali ad una serie di grandi della storia fra cui spicca il nome di Marcus Cocceius Nerva Caesar Augustus meglio conosciuto come Nerva, imperatore Romano, salito al potere nel Settembre del 96 d.C.
Dopo una mattina ed un primo pomeriggio così ricchi di eventi, la pancia iniziava a brontolare prepotentemente. Per fortuna, la città aveva deciso di riservarci una quanto mai benvenuta festa tradizionale! E così, percorrendone le sinuose vie acciottolate, ci siamo addentrati nel cuore di questa città che trasuda personalità come un autentico piatto di spaghetti condito degli aromi e dei colori della salsa di pomodoro fresco.
Di norma, questo è il punto del racconto in cui posterei una foto del mio pasto. Tuttavia, sfortunatamente, questo pasto in particolare aveva un aspetto TROPPO invitante e, in più, stavamo morendo di fame. Così con slancio incurante ci siamo avventati su di un menu semplice ma delizioso fatto di braciole di maiale, salsicce, pasta, fagioli freschi e insalata. Il tutto cordialmente servito da volontari del posto su stoviglie in coccio. Il vino rosso del posto si è rivelato delizioso proprio come ce lo si potrebbe immaginare; il tutto nella cornice (Terziere S. Maria) di una sorta di graziosa tavernetta allestita in una strada laterale. La sala in cui abbiamo cenato era arredata con semplici panche di legno, le sue pareti e le sue volte in mattone a vista decorate in maniera semplice ma storicamente calzante. In parole povere, un ambiente meraviglioso in perfetta sintonia con il tema del giorno.
Perdersi per le vie di Narni andando con la mente al ruolo che ricopriva nelle mitiche lande di Narnia è stata un’esperienza di grande divertimento. Gradirei ringraziare di cuore la gente di Narni che ci ha dimostrato grande ospitalità riservandoci un pasto davvero luculliano. E’ una splendida cittadina, forte di una personalità tutta sua.
Ci siete già stati? Se sì, postate un commento per farmi partecipe delle vostre storie!