Un'azienda agricola a impatto zero
di Gabriele Salari
TESTATA: Aam Terra Nuova
DATA DI PUBBLICAZIONE: Novembre 2011
Damiano, il magazziniere, abita a 70 passi. Li ha contati e quando arriva in ritardo sono guai perché non ha giustificazioni. Stefano, il responsabile dell’imbottigliamento, deve solo scendere le scale perché l’azienda agricola gli ha messo a disposizione un appartamento proprio sopra gli uffici. A Montevibiano la filosofia è che i dipendenti abitino a non più di 4 chilometri perché anche così si riducono le emissioni di gas serra, oltre che con il ricorso a biciclette elettriche per spostarsi all’interno dei 500 ettari dell’azienda e macchine da golf per condurre i visitatori tra uliveti e vigneti. Siamo, infatti, nella prima azienda agricola d’Europa, certificata ad emissioni zero dal rigoroso ente norvegese Dnv. L’azienda agricola umbra è risultata anche uno dei quattro vincitori del premio Impresa Ambiente, il più alto riconoscimento italiano per le aziende private e pubbliche che si sono distinte in un’ottica di sviluppo sostenibile, rispetto ambientale e responsabilità sociale, selezionata dalla giuria tra 130 progetti in concorso presentati da aziende di tutta Italia.
Crediti da vendere
«Nel 2008 non solo abbiamo raggiunto l’obiettivo emissioni zero, siamo addirittura sotto, e così possiamo compensare l’inquinamento prodotto da qualche industria vicina » spiega l’ingegner Stefano Cantelmo, che ha lasciato il posto di lavoro presso una multinazionale per coordinare il progetto «360 green» (www.360green.it). Secondo le regole dell’emission trading stabilite dal Protocollo di Kyoto, i crediti di emissione si possono vendere e chissà che qualche vicina fabbrica di laterizi, visto che siamo a Marsciano, cittadina umbra leader del settore, non sia interessata all’acquisto. Intanto qui, tra dolci colline ricoperte di campi e boschi di querce, entriamo in un’azienda dove la sostenibilità è pratica quotidiana. Come un enorme girasole postmoderno, ci accoglie una stazione di ricarica dei veicoli elettrici che è alimentata da un pannello solare rotante , probabilmente l’unica nel nostro Paese. Consente di accumulare l’energia solare fino a tre giorni, ma già i tecnici stanno lavorando per aumentare la capacità fino a dieci giorni, perché garantisca autonomia energetica anche nei giorni di nebbia o pioggia. Gli austriaci della Cellstrom, che l’hanno impiantata qui per sperimentarla, la controllano a distanza mentre noi ci divertiamo a osservare nel corso della nostra visita come si sposti per catturare al meglio il sole. «Che non manca, e infatti abbiamo raggiunto in otto mesi la produzione di 62 mila kilowattora di energia elettrica, a cui prevedevamo di arrivare in un anno» spiega Cantelmo. L’ingegnere appunta insieme a me, a mezzogiorno, la produzione giornaliera dei 240 pannelli collocati sui tetti dei capannoni al posto del pericoloso amianto, che è stato ri- 1 38 www.terranuovaedizioni.it energia Per promuoverla turisticamente l’Umbria è stata ribattezzata «cuore verde d’Italia». Oggi lo è senz’altro a giudicare dall’esperienza di un’azienda agricola che, prima in Europa, ha azzerato le sue emissioni di CO2. Un’azienda agricola a impatto zero mosso. Si riparte poi, in bici elettrica, per andare a leggere il responso di altre strumentazioni tecnologiche con cui vengono spremute le olive. Qui l’ecologia non c’entra ma solo la qualità del prodotto, visto che ogni cultivar di oliva finisce in un’apposita vasca e viene isolato con l’azoto per conservarne intatte le qualità che l’ossigeno minaccerebbe. L’olio, prodotto dai 12 mila ulivi dell’azienda, è destinato a una nicchia molto particolare, la ristorazione in business class di 160 compagnie aeree come Delta, British Airways ed Emirates. Gli emiri bisognerebbe invitarli a vedere i trattori alimentati a biodiesel (il combustibile in questione non è tratto da prodotti agricoli perché non sarebbe etico) e la caldaia a cippato che sfrutta anche i residui di potatura delle viti e degli ulivi. A colpire sono poi i silos del grano , apparentemente identici a quelli che si vedono ovunque, ma qui il tetto è stato trattato con una vernice speciale che evita l’albedo, ovvero il riflesso terrestre, che contribuisce anch’esso all’emissione di gas serra. Ogni 10 metri quadri, hanno calcolato all’università americana di Berkeley, si evita di immettere l’equivalente di una tonnellata di CO2.
Via il tabacco, largo a vigneti e uliveti
La vera svolta ecologica è partita nel 2003 quando è stata abbandonata la coltura del tabacco, di cui ancora si vedono i forni essiccatoi per passare a viti e ulivi. Ma la cura dei boschi, ora convertiti da ceduo ad alto fusto, risale al dopoguerra ed è nel dna contadino della famiglia Fasola Bologna che gestisce l’azienda. Il reale contributo degli alberi presenti sul territorio all’assorbimento della CO2 è stato calcolato da agronomi e forestali che hanno impiegato due mesi per verificarlo, particella boschiva per particella. Nei vigneti , al posto dei fertilizzanti chimici si usano ora quelli organici, che non emettono il protossido di azoto, uno dei gas serra meno conosciuti. Negli uliveti esiste un sistema che gli anglosassoni chiamano di early warning. Non si aspetta cioè che la mosca olearia inizi a rovinare le olive per irrorare gli alberi di prodotti chimici, ma al primo attacco dell’insetto si raccoglie immediatamente il prodotto, come è successo quest’anno. Non si vende aria fritta, insomma, ma si cerca di dare un esempio nella speranza che possa essere copiato. «Caprai o Lungarotti (i big del vino in Umbria, nda) potrebbero fare altrettanto e non ci sentiremmo più soli. Abbiamo dimostrato che si può produrre vino e olio senza inquinare » conclude Cantelmo. Oltre alla collaborazione con il Centro nazionale di ricerche sulla biomassa, stanno arrivando anche tesisti dall’Università di Perugia per studiare il mini-eolico e il miniidroelettrico sul campo, che è ormai sempre più simile a un campus.
Anche il winebar è eco
Immaginate un lungo bancone realizzato con legno di castagno e centinaia dei tappi di sughero che giacevano inutilizzati, custoditi per anni nella storica cantina del Castello di Monte Vibiano. Il «Green Wine Bar» nasce così, a pochi metri dalla cantina aziendale. A realizzarlo Maryam Fasola Bologna, che collabora con Philippe Starck, uno dei più grandi designer al mondo. Decine di tappi, poi, decorano la parte superiore dei barrique- tavolino disposti intorno al bar. Maryam ha riciclato il legno residuo proveniente dal taglio degli alberi del bosco di Monte Vibiano nella costruzione dei tavoli del bar, seguendo il piano eco-compatibile della 360 Green Revolution lanciata dall’azienda nel 2008. «Il mio scopo era riciclare vecchi legni e trasformarli in qualcosa di completamente diverso. Mi sono diverta molto a convertire i barrique in moderni tavoli da bar» dice Maryam. Il muro è decorato a mosaico e composto di centinaia di rondelle di legno riciclato. «L’ispirazione per il design del muro mi è venuta dall’arte persiana» spiega la designer di origine iraniana. L’energia per l’illuminazione è fornita da pannelli solari fotovoltaici, gli stessi che aiutano Monte Vibiano a rimanere un’azienda a zero emissioni.