L'enigma della Scarzuola
di Isabella Brega
TESTATA: Qui Touring
DATA DI PUBBLICAZIONE: Febbraio 2011
E’ tremenda la forza di un visionario. Muove gli animi e le montagne. Modella il mondo con piglio e determinazione, ma anche con leggerezza e fantasia. Come alla Scarzuola di Montegabbione (Tr), l’autobiografia in pietra di Tomaso Buzzi (Sondrio 1900-Rapallo 1981), architetto della nobiltà italiana, designer, docente del Politecnico di Milano, articolista della rivista Domus. Chi si sarebbe
aspettato che questo collaboratore di Gio Ponti – fra i fondatori del Club degli urbanisti, direttore artistico della Venini di Murano, partecipante al concorso per il piano regolatore di Milano – con questo suo desiderio di immortalità avrebbe sancito il trionfo del non finito, dell’instabile, del precario? Tutto ha inizio dall’acquisto nel 1956 dell’ex convento della Scarzuola (da scarza,una pianta palustre con cui San Francesco costruì il suo primo ricovero), a 40 km circa da Perugia.
Accanto al complesso sacro, dove Buzzi non abitò mai, anche se vi riunì la propria libreria e l’archivio delle opere, da piccoli disegni dai tratti contorti e nervosi prese vita una città ideale, la Buzziana, ispirata al tema della follia artistica e della scena teatrale. Libero dalla funzionalità, la regola principe dell’architettura sulla quale aveva modellato la propria vicenda lavorativa, Buzzi creò una sorta di teatro della conoscenza. Utilizzando i motivi simbolici del giardino ermetico uniti a riferimenti astrologici, dal 1958 al 1971 eresse una bizzarra macchina teatrale in tufo, simile a un gigantesco castello di sabbia. Un rincorrersi, un affastellarsi gioioso e ironico di cupole, torri, labirinti, templi, scalinate. Un ritmo serrato intessuto di pieni e vuoti, di linee curve e dritte, di volumi e superfici, di false prospettive e proporzioni assurde.
Di finito e non finito. Come la vita.