Bentornata Madonna Primavera
di Mariella Piscopoi
TESTATA: Bell'Italia
DATA DI PUBBLICAZIONE: Marzo 2011
Rullano i tamburi a ritmo martellante. Un lungo corteo, preceduto da vigorosi tamburini, scende da via San Rufino e giunge nella piazza del Comune: sfilano eleganti dame e semplici popolane dai vestiti coloratissimi, non mancano giovani e bambini. Sul palco addossato al tempio di Minerva ci sono cantori e musici con strumenti antichi, ai lati stanno armigeri e gonfalonieri.
Non è il set di un film storico, né la solita rievocazione medievale, ma la singolare festa di Calendimaggio (quest’anno dal 6 all’8 maggio). Singolare per chi la guarda dall’esterno. Non è una manifestazione per turisti, che sono ammessi, ma non richiesti. E’ una sfida, rappresentata in maniera grandiosa, fra le due antiche fazioni medievali di Parte de Sopra e Parte de Sotto, in ricordo delle lunghe lotte tra le famiglie dei Nepis e dei Fiumi che insanguinarono la città fra il XIV e il XV secolo.
Difficile da raccontare questo susseguirsi di scene di vita medievale, canti e cori, danze, cortei, esibizioni di arcieri, balestrieri e sbandieratori. Ma ha un fascino autentico, che coinvolge gli assisiani, li risveglia dall’inverno e giorno dopo giorno li accompagna alla festa. “Assisi è Francesco,ma è anche Bernardone”, afferma Leonardo Paoletti, assessore alla Cultura e Turismo, riferendosi al cognome del santo, che prima della conversione era stato un giovane gaudente. “Attaccata alla tradizione, orgogliosa delle origini, amante della propria terra e dell’ambiente, ma anche gaudente, appassionata, fiera e combattiva”. Questa anima laica si manifesta durante il Calendimaggio,quando con potente impatto evocativo il tempo torna al Medioevo, si dissolvono i lacci della condizione quotidiana e inizia la magia. Il Calendimaggio è il regalo più bello che Assisi ha fatto ai suoi abitanti. In tre giorni la città si trasforma, si svolgono un’infinità di eventi e spettacoli, la cui preparazione richiede almeno un anno di lavoro e il coinvolgimento dell’intera comunità: chi scrive le parti, chi suona, chi canta, chi recita, chi realizza abiti e scenografie, chi cucina piatti antichi. Ogni anno le due fazioni tornano a sfidarsi in una gara tanto accesa quanto dolce di canto, recitazione e creazioni scenografiche.
La festa, che ha origine antichissime, è dedicata alla primavera. Documenti medievali citano le Canzoni di Maggio, composizioni di poesie e canti eseguite da brigate di giovani nell’Assisi di San Francesco. Dopo l’interruzione delle guerre, nel 1954 la festa fu ripresa, aggiornata, e la battaglia tra le due fazioni vanne trasfigurata in una contesa poetico-cortese. L’unica festa laica di Assisi inizia però proprio nelle rispettive chiese, con la benedizione dei vessilli: la cattedrale di San Ruffino per la Parte de Sopra e la basilica di San Francesco per la Parte de Sotto. Gli spettatori, seduti sulle gradinate di una tribuna a ridosso del palazzo dei Priori, assistono all’inizio delle celebrazioni, il giovedì pomeriggio. Nella piazza del Comune entrano le rappresentanze in costume delle due parti, annunciate dalle squillanti delle chiarine del Comune. Al rullo dei tamburi dal palazzo del Capitano del Popolo esce il Maestro di Campo con i suoi alabardieri, che sul palco riceve le chiavi e i poteri sovrani su Assisi per tutto il tempo della festa.
Il priore della parte che ha vinto l’ultima edizione riconsegna il Palio, un gonfalone con i colori e l’emblema della città, mentre i cori delle due parti si lanciano a turno invettive musicali di sfida. Il Maestro di Campo investe poi i giurati che a conclusione della manifestazione, nella notte tra sabato e domenica, assegneranno il Palio. Lo spettacolo in piazza prosegue con l’esibizione degli sbandieratori di Assisi, in costume bianco, rosso o nero. Dopo le 21, invece, nei quartieri della parte sconfitta l’anno precedente, hanno luogo le scene storiche, a cui solo i giurati e pochi altri (priori e rappresentanti delle due parti) possono assistere: nei vicoli, negli slarghi, nelle botteghe e nei cortili si fa rivivere il tempo lontano al bagliore di fuochi e fiaccole. L’effetto Medioevo è sorprendente e reale per i vestiti, rumori, i profumi di fritto e arrosto, le battute di dialogo che s’intrecciano.
Venerdì pomeriggio viene proclamata Madonna Primavera,scelta tra dieci fanciulle di Assisi a conclusione di gare di tiro alla fune, corse delle tregge (slitte), tiro alla balestra. La sera è la volta delle scene storiche della parte opposta a quella del giorno prima; i “partaioli” indossano vestiti antichi e parlano in volgare e in dialetto locale, rivivono quanto scritto dai poeti di parte. Sabato il gran finale. Tutti accorrono in piazza per il corteo diurno con gli stemmi di parte: due gatti mammoni in campo blu per i de Sopra e una torre in campo rosso per i de Sotto. I cortei storici sono ricchissimi di coreografie, suoni e canti volti a celebrare il susseguirsi delle stagioni, il prevalere della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male. Il rullo dei tamburi accompagna i passi di danza delle ragazze assisiane. La sfilata si chiude con la lettura dei bandi di gara, intessuti di ironia e rimbrotti rivolti agli avversari. Appena cala la notte, alla luce di torce e fiaccole, mangiatori di fuoco e cerchi fiammeggianti conducono al momento culminante della festa: in piazza del Comune i cori danno vita all’ultima importante sfida, la competizione canora, vera anima di Calendimaggio.
Dopo i cortei notturni, a notte fonda arrivano il verdetto e l’assegnazione del Palio: da una parte la gioia esaltante della vittoria, dall’altra il sapore amaro della sconfitta, risate e lacrime. “I vincitori esultanti si allontanano cantando… per andare a festeggiare con stringozzi, porchetta e libagioni per quel che resta della notte; i vinti s’allontanano a schiena curva a leccarsi le ferite e scagliare le più medievali maledizioni contro i giurati…” , così scrisse nel 1995 il professor Giosuè Musca, più volte giurato per il settore storico. Calendimaggio è tornare a vivere nel passato, rappresentato nel modo più bello, come un inno al Creato, all’amore e alla gioia.